sabato 8 novembre 2014

Andare o non andare in Colombia?





 



"Cosa vedere in Colombia?"
"Dove andare in Colombia?"
"Cosa fare in Colombia?"
"Quanto é pericolosa la Colombia?"
"Si può viaggiare in colombia"
"What to do in Colombia?
 
Queste solo alcune delle mie domande a google nel momento in cui ho realizzato che sarei atterrato di li a pochi giorni in quel di Bogotá.
Non avevo mai sognato di andare in america latina, non che non lo avessi messo in programma, ma ho sempre considerato molto di piú i paesi asiatici. Un sacco di amici mi raccontano di come sia fantastico girare il sud America e di che persone fantastiche si possano incontrare, altri mi mettono in guardia su tali e tanti pericoli si possano incontrare lungo le sue vie. Sono come un turbine di senzazioni inversamente abili, ma come al solito la prendo con filosofia. Mi  sono sempre detto che se mai avessi viaggiato da quelle parti, avrei evitato di addentrarmi in stati come il Venezuela o la Colombia, dove di storie se ne sentono ogni secondo e non sono tutte splendide. Tra guerrigle, ribelli e narcotraffico nella mia mente si era come solidificata la convinzione che alcuni paesi necessitassero ancora un pó di tempo prima di essere pronti al turismo, dall'altra parte sorrido all'idea di come sia frustrante viaggiare in un luogo dove le uniche persone che si incontrano sono turisti che si trascinano lungo le vie dei medesimi luoghi. E quindi, riponiamo i pregiudizi nel cassetto e viviamo l'avventura cosi come viene . Modalitá low profile, vestiti di seconda mano e zaino in spalla ci tuffiamo nel caos della capitale colombiana. Ricordo bene il primo approccio dopo tre minuti che eravamo nel bus per il centro, quando un ragazzo mi avvicina chiedendomi di dividere il costo della ricaricabile per il bus veloce verso il centro. D'istinto stavo per rispondere negativamente xche m'immaginavo giá questo che voleva fregarmi dei soldi, ed invece con non chalance gli ho detto che non ci sarebbe stato alcun problema. Davanti alla biglietteria, appena intuito che eravamo disposti a dividere il costo della targhetta, subito un paio di signore si sono aggiunte ringraziando a gran sorrisi, ci siamo quindi ritrovati a passarci di mano in mano questa schedina elettronica da un paio di dollari divisi in cinque. É stato come se quella circostanza abbia voluto mettermi alla prova, dandomi l'onore di testare subito il polso ad un popolo che sente sulle spalle il peso di quel che sembra voler essere il suo passato.
Bogotá ci accoglie nel migliore dei modi. Ovviamente dormiamo in un ostello della zona Candelaria, che dopo la settimana di appartamento nella Trump Tower a Miami mi sembra una bestemmia. Ma la sua atmosfera é contagiosa e la capitale é davvero stimolante. Piccole piazzette, musica e gente sorridente, mentre si fa mezzogiorno scelgo un risto e mi ritrovo a parlare di cibo biologico a km 0 con lo chef. Sicuramente ciò che sorprende in un viaggio é anche ciò che si ricorda con piú piacere e bisogna essere onesti a dire che tutte le piccole cose che ci hanno guidati tra i vicoli del centro, dentro ai musei e fino in cima al Monserrate, sono state la prima sorpresa di questa Colombia dall'orgoglio calpestato ma che vuole a tutti i costi riscattarsi.
Nonostante le cose da vedere in una città di tali dimensioni siano infinite, ci accontentiamo di aver assaggiat il suo calore e  cominciamo la ns discesa verso la zona cafeteira, dove incredibilmente troviamo un'atmosfera unica ed amichevole. Tutti i ns pensiari sugli scippi e i rapimenti vengono cancellati dai sorrisi e dalle cortesie del  degli abitanti di salento. Qui arriva anche il ns primo tocco alle grandi camminate, o meglio a noi che di camminate nn siamo soliti, le 5/6 ore di passeggiata tra valli e montagne,  la zona del Cocora e quella delle farm del caffé, ecco non sono  del tutto semplici, ma assolutamente gratificanti. 
Tra altitudini da capogiro, fiumi e foreste, palme che crescono in cima a delle montagne e menú semplici ma ghiotti, ,le ns giornate volano via come il vento. Dopo qualche prova, decidiamo anche che tutti gli spostamenti che faremo saranno via bus. L'organizzazione é assolutamente ottima ed i mezzi comodi. Solo di tanto in tanto si trova l'Hamilton delle montagne che ti tiene con i piedi puntati e le chiappe strette xche gli piace scorrazzare ad alta velocitá tra le curve e sorpassare qualunque cosa cosa gli si presenti davanti, senza molto curarsi di chi sopraggiunge di fronte. Gli autobus colombiani sono di certo un'esperienza ma non si può dire non siano comodi e poco organizzati. Inizialmente mi immaginavo stradine anguste tra le montagne altissime e  mezzi sgangherati che cercavano di resistere dal finire giú per un precipizio. Invece il sistema è molto semplice, è un'equazione matematica:
Il bus sta alla Colombia come gli aeroporti stanno all'Europa.
C'è un gancio per qualunque luogo. Ovunque decidi di smontare, c'è un mezzo piú piccolo che ti porta da un'altra parte ed uno ancora piú piccolo che ti accompagna sotto casa. I prezzi sono davvero convenienti, piú o meno si spende un dollaro americano per ogni ora di viaggio. Da far presente cmq anche la convenienza dei voli nazionali. Ce ne siamo resi conto subito, ma se per caso non doveste avere molto tempo, ci sono compagnie tipo la VivaColombia o Avianca, che vi portano da una parte all'altra dello stato per meno di 40$. Cosa che invece non succede per i voli internazionali  diretti ad un altro stato del sud America. Sembra incredibile ma un volo nazionale appunto non supera spesso i 50$ ed un bogotá-Quito puó costarne anche piú di 600.
Il ns programma continua nei suoi spostamenti, un paio di giorni in ogni dove fino al bus che ci fa raggiungere Cali. Dove secondo i ns calcoli dovremmo incontrare anche l'amico Matteo Rossato proveniente da San Gill.  La cittá non si presenta come una delle piú ospitali, il sud della Colombia non vienen descritto dalla ns Lonely Planest come un "must to see ma fortunatamente capitiamo senza quasi volerlo in un ostello fatto su misura per intrattenerti in ogni momento. Free salsa lesson, free yoga, colazione a buffet inclusa, piscina e scorrazzate notturne tra i locali animati di musica latina. Scopriamo con ns sorpresa che Calì viene considerata come la capitale mondiale della salsa e che un mondo incredibilmente animato ruota ovviamente attorno ad essa. Nonostante girare da soli per questa cittá non ti faccia sentire nel luogo piu sicuro al mondo, ci addentriamo tra le sue vie alla scoperta di tutto quel poco che può offrire, e riusciamo a sfruttare al meglio questo, stop lungo la via per l'Ecuador.
Sono sempre il primo che si sveglia al mattino, non riesco mai a dormire piú delle mie 6/7 ore, esco dalla stanza e mi stendo sull'amaca davanti alla piscina quando suona il campanello dell'ostello. Un altro viaggiatore che arriva con il bus notturno...mi sposto per guardare e ed ecco la testina rasata ed il sorriso dell'amico Matteo. Ci eravamo giá incontrati un paio di volte negli scorsi anni ma era dall'Australia che nn si viaggiava insieme. Non servono momenti di acclimatamento o discorsi vari, mettiamo subito a confronto le intenzioni di viaggio, le direzioni, i tempi e disegnamo una stima approssimativa di viaggio di un mese da fare insieme tra le montagne dell sud della Colombia, le altezze dell'Ecuador fino alle sue coste e giú sino in Perú a caccia di onde. Il tutto non poteva cominciare nel migliore dei modi, lui che si lamenta perché l'ho fatto venire nell'ostello più costoso che in cui sia mai stato in sud America (12$) ed io che lo trascino tra il buffet della colazione e le lezioni di yoga e salsa.  Un paio di giorni volano e  nonostante il tempo trascorso dall'ultimo viaggio insieme, nulla é davvero cambiato, incrociamo le ns esperienze e facciamo tesoro di quelle altrui per proseguire ogni giorno alla ricerca del ricordo perfetto o della foto da cartolina.  Con un po' di rammarico per non averci dedicato più tempo salutiamo la Colombia e saltiamo sul bus che in "sole 20 ore" ci porterá alla volta di Quito, Ecuador.
 

sabato 13 settembre 2014

Mousse al Cioccolato

Ho scelto questo titolo per concludere la mia esperienza in quel di Myrtle Beach. 
Che dire a proposito. 
Non più di ció che già sia stato detto. Lavorare al fianco di Matteo é stato come sempre un onore. Le difficoltá incontrate sono state incredibili, gli ostacoli a volte inimmaginabili. I primi mesi di un ristorante sono sempre i peggiori per il suo staff questo si sa...ma lavorare con l'americano medio...mette a dura prova qualsiasi persona di buone intenzioni.
Ecco xche ho deciso di condividere un questo post in modalitá molto easy rispetto ai soliti lunghi e descrittivi. Fondamentalmente la nostra esperienza si é divisa nel prima e dopo la presa di coscenza dei nostri amici e titolari armeni che pensavano di ricevere cinquecento clienti al giorno fin da principio. Un ristorante non é, e non sará mai un'attivitá perfetta e prevedibile al millesimo. C'e sempre una prenotazione che salta, un bicchiere che cade dal tavolo, una bottiglia che si rompe ed una pentola sul fuoco che brucia il suo contenuto. Senza contare gli imprevisti di quando si affitta un vecchio ristorante e si pensa solamente ad abbellirlo esteticamente con quadri e fiori, senza nemmeno controllare i motori di frigor, frezzer ed aria condizionata.
Al di la di tutto, ció che mi ha fatto davvero desistere dal tentarle tutte per rimanere a lavorare in quel posto, credo sia stato principalmente quello stato di ignoranza collettiva che inizialmente mi faceva sorridere, ma poi come un virus si espandeva in maniera endemica e contagiava anche la mia cucina. Immaginavo che il modo di produrre cibo non sarebbe stato come in Italia, ma ciò a cui mi sono trovato di fronte oltrepassava i miei limiti etici di neo chef. 
Spesso mi e' capitato di ripensare a quando abitavo in Australia, temevo di perdere il gusto e la conoscenza dei sapori, perché un sacco di prodotti differenti andavano man mano a finire nella mia dieta giornaliera. Nuove spezie, odori e profumi che non conoscevo. Ma qui ho capito subito che non ci sarebbe stato pericolo.

10 comandamenti per fare il cuoco a Myrtle beach

- Non esiste altroDio al di fuori dell'Aglio.
- Non esiste pietannza alcuna che non contenga Aglio
- la panatura per il fritto deve contenere aglio
- non rubare l'Aglio d'altri
- il primo ingrediente di ogni salsa deve cominciare con la A e finire con la GLIO
- santifica l'Aglio anche quello in polvere
- se cucini una bistecca, assicurati prima di averla impanata nell'aglio
- prima di servire una bistecca spennellala con burro all'aglio
- se nel menu scrivi che servi un contorno di riso bianco, prima irroralo di Aglio confy
- onora l'Aglio giornalmente, spargendolo sulla popolazione come fossero contanti


Ecco che dopo aver osservato queste poche regole imposte dalla religione dell'americano medio, sarete pronti a vedere e sentire la hit list delle cazzate e degli orrori che questa gente riversa ogni santo giorno sugli unici 2 frustratissimi cuochi italiani di Myrtle Beach.

Riporto alcune citazioni, domande, curiositá uscite mentre si interloquiva con alcuni soggetti di varia appertenenza socio culturale.

Un cliente dopo aver ordinato una lasagna di pesce esclama al cameriere:
-ragazzi non posso mangiarla questa cosa sa di pesce!

Cliente dopo aver odinato un pollo cotto 16 ore in bassa temp. E conservato in brodo bollente per una serata lo rimanda indietro dicendo:
- questo pollo non è abbastanza cotto, non vorrete mica trasmettermi le malattie dei polli pazzi

Cliente italiano (a detta sua) dopo aver ricevuto una lasagna di carne al forno:
- dai ditemi la veritá ragazzi di dove siete, è impossibile che siete italiani altrimenti avreste saputo che dovevate mettere almeno un paio di strati di ricotta!!

Un nostro cameriere ogni sera per una settimana entra in cucina e si mangia uno zoccoletto di pane con l'olio. Una sera mi avvicino e gli porgo dell'extravergine buono invece che quello economico da lui solitamente consumato e mi dice:
- che schifo mi hai dato, io preferisco l'olio di sansa, quello che mi dai tu ha un odore strano!

Il mio aiuto cuoco entra in cucina con il manager del ristorante nel suo primo giorno di lavoro, mentre sto tagliando porri e cipolle, con aria sorpresa mi chiedono:
- e queste cosa sarebbero?

Un cliente ordina un piatto di linguine fatte in casa con ragu alla bolognese:
- non starete mica scherzando? Io questa roba non la mangio, se volete rivedermi datemi qualcosa di veramente italiano.

Ogni sera, dopo il lavoro sono solito chiedere un passaggio a qlche cameriere dato che la macchina che dovevo avere non é mai arrivata. Una sera uno di questi esclama:
- ma allora é vero che voi in Italia non avete la patente perche andate in giro in gondola, come nei quadri? Pensavo fossero solo dei dipinti.

Una cameriera mi chiede:
- dove te ne andrai dopo Myrtle Beach?
Rispondo:
- in Sud America
E lei:
- ah ... é per caso quella città tra New york e Boston?


Il dirigente vendite della piú grande compagnia di forniture alimentari statunitensi:
- che bello il sud america, ho sentito anche parlare bene del Brasile....è in Sud america giusto?
E continua...
- che bello Alberto, mi hanno detto che hai anche vissuto in Australia....ma che lingua si parla laggiú?

Un cameriere entra in cucina di corsa gridando:
- ragazzi dovete venire assolutamente al tavolo a salutare i miei clienti italiani!!!
(Risultato : 4 canadesi e 6 greci)

Il lavapiatti entra in cucina con faccia dolorante reggendosi la pancia. Si dirige verso il manager e mormotta:
- non sto molto bene, ho cagato tutta la notte, sono un uomo nero, ma lo vedi che sono pallido. Penso che la mia ragazza mi abbia voluto avvelenare, ieri sera mi ha costretto a prendere un piatto di pesce al ristorante ed ora guarda qua!
Il manager risponde:
- cosa posso fare per te vuoi un giorno di ferie?
E lui:
- no niente amico, volevo solo la carta igienica xche in bagno é finita!

Ho deciso di fermarmi qui per dare spazio anche a qualche foto di cose che abbiamo dovuto cucinare appositamente per i clienti!!
 Purtroppo non sono in possesso di alcune esilaranti e tragiche combinazioni di cibi, ma cio' che segue vi dara' un'idea di cosa ho dovuto sopportare...vedere la ns cucina violentata giorno dopo giorno...fino a farmi alzare il dito medio al cielo!!

 (da sx) fusilli ai 4 formaggi con polpette - spaghetti panna burro aglio vino limone e gamberi - risotto di pesce con poco pesce e senza gamberi o calamari - Alice incredula - bionda russa sullo sfondo sconcertata


 bistecca da 350gr al sangue con verdure grigliate ed un piattino di besciamella a parte


 spaghetti con polpette...senza polpette


 melanzane alla parmiggiana extra pomodoro ma croccanti (forse na vacca la faceva meglio)


 zuppa del matrimonio: con pasta verdure e deliziose polpettine mignon


 Spaghetti al pomodoro con calamari fritti


 Tagliatelle ai quattro formaggi e ragu' di pesce

Un cliente vegetariano ci chiede una pizza con verdure...e polpette sbriciolate!



Tralascio le immagini di pasta alla bolognese con fette di pesce spada alla griglia per cappello piuttosto che un "famosissimo" piatto italiano come il "Pollo Picatta".
In fin dei conti posso dire di aver conosciuto persone interessani. Sicuramente diferenti. Spesso capitava do arrivare davvero al limite della pazienza di chi come me ama davvero il cibo. Un bel respiro e la consapevolezza che questo matrimonio non sa da fa! 
Non so ancora se come chef riusciro' o meno a soddisfare dei clienti esigenti un giorno, mi accontenterei anche solamente di poter utilizzare dei prodotti veri e genuini che combinati insieme in maniera consapevole possano regalare una vera esperienza e valorizzare il tempo speso a tavola.
Non posso sprecare il mio tempo a servire persone che non sanno distinguere una mousse al cioccolato da un profiterol da marciapiede.
Bye Bye States!















venerdì 1 agosto 2014



Ogni volta che entro nel frigo è come se prendessi coscienza di chi sono. Le mani mi fanno male da quanto le uso e a volte le punte delle orecchie mi si gelano mentre penso a quanto tempo è passato prima che fossi pronto a riconoscere me stesso. Sono momenti nei quali è impossibile negare quanto adoro questo lavoro, nemmeno quando devo servire piatti che non amo o composizioni ridicole per la mia cultura culinaria. Dove inizialmente mi bloccavo di fronte a certe richieste, ora ci rido sopra e cerco di comporre un piatto esteticamente carino. Ogni giorno una nuova sfida ed ogni giorno un sacco di cose da imparare. La cosa a cui ancora non riesco ad abituarmi, è quando dentro e fuori il lavoro le persone che conosco ti chiamino "chef". Come se una parte di me si risvegliasse, ogni volta uno schiaffo. Un sacco di persone rispettano il nostro lavoro al di la delle incomprensioni culturali, molti entrano in cucina e si rivolgono a noi come se fossimo un'autorità in fatto di cibo. Effettivamente l'idea di essere in grado di dare da mangiare a più di duecento persone a sera senza avere nemmeno una lamentela ed anzi ricevendo richieste di foto insieme ai clienti a volte ci gratifica davvero al punto di farci capire perchè lo chef è considerato una prima donna.
Beh, tornando a noi,  l'intento di questo post era quello di raccontare una serata a dir poco tragicomica. Un paio di giorni fa, come ogni giorno, facciamo il pane, prepariamo polpette, bistecconi, e tutto quel che serve per la linea di servizio della cena. Era un tranquillissimo lunedi, metà dello staff della cucina era in giorno di riposo e fuori impazzava una tempesta di vento e pioggia. Alle 7.30 di sera avevamo sei persone sedute in sala ed eravamo praticamente seduti ad aspettare di chiudere. Spesso io, Matteo ed Alice ci mettiamo a discutere nuove ricette o a  provare differenti tagli di carne. Food never stop. Alle 7.35 il macchinino che stampa gli ordini dei camerieri sembrava un mitra. Io ricoprivo la posizione del grill, Matteo al saute ed alice Expediter, più una persona che faceva sia forno che insalate. Per un lunedi non c'era bisogno di nessun altro...pensavamo. Ad un certo punto avevo 20 differenti tagli di carne sul fuoco, la friggitrice carica di calamari come mai prima, e Matteo che mi guardava incredulo indicando i foglietti degli ordini attaccati al pass. avevamo circa 160 piatti da mandare fuori in tempo utile per non indispettire il cliente. Nell'unico momento di lucidità che ho avuto ho preso una delle decisioni forse più irresponsabili che uno chef possa prendere. Io e Matteo dovevamo concentrarci solamente sulle cose da fare e non su come impiattare, quindi ho preso Alice e l'ho fatta saltare in mezzo a noi incaricandola di fare lo chef, dandoci gli ordini delle cose da fare in senso logico ed impiattando quel che noi stavamo producendo. E' stato come un film, ogni volta che mi giravo a vedere se tutto procedeva bene vedevo scene al limite della comicità. Noi come macchine a cuocere tutto ciò che avevamo in frigo, e lei che con le conoscenze acquisite nell'ultimo mese cercava di ravvivare piatti fermi nel pass magari da dieci minuti. Mitologica fin da subito la scena in cui cercando di rigirare degli spaghetti con le polpette un po' rinsecchiti, la vedo li, con una mano dentro al piatto e l'altra che regge la polpetta. Mi guarda e mi dice: "qua e pinze son finite e io no so come fare!!! ".
Dopo qualche secondo la sento che impreca contro qualcuno: "chi cavolo è che m ha fregato la polpetta!!", ad voce alta nella cucina affollata tutto è come se si fosse un po' fermato. Con la sua mano destra che ancora rantumava dentro gli spaghetti, non si rendeva conto di avere ancora in mano la polpetta e la stava cercando per tutto il bancone.
Alle 8.30 ultimo ordine e di colpo più nessun cliente. Avevamo dato da mangiare a 203 persone in un'ora, sconvolto l'organigramma della cucina incaricando un'interprete di fare lo chef e utilizzato tutti i mezzi che avevamo per buttare fuori cibo. Considerando di avere avuto una sola lamentela per dell polpettine un po' fredde, direi che potevamo considerarci felici di come avevamo gesto la situazione.
Il giorno successivo quasi fosse un premio, il mare ci regala delle piccole ondine da nord est nel nostro giorno di riposo. Ci accaparriamo due longboard a noleggio e ce ne stiamo tutto il pomeriggio a mollo sotto il sole. Un'onda dopo l'altra ritroviamo noi stessi e quell'equilibrio che ci appartiene per natura. Mentre dirigo la tavola verso l'orizzonte in cerca di una nuova corsa , libero la mente da tutte le cose orribili che sono stato costretto a fare: la carbonara con il bacon ed i gamberetti, le linguine alla bolognese con una fetta di pesce spada per cappello, i totellini alfredo con il pollo e la mozzarella. Non so' ancora se fare surf sia per me una cura o la vera malattia. Ogni volta che salgo con i piedi su quella plancia, la mia coscienza sputa sentenze e si rivela, ed ultimamente sempre più comunica a comunicare come se questo presente fosse un'esperienza necessaria, un passaggio. Verso un sogno molto più lontano. Still travelling....
  

martedì 8 luglio 2014

American Style....No Thanks!!!!!

Ho deciso di far passare un po' di tempo dal momento in cui sono approdato negli Stati Uniti prima di scrivere qualcosa a riguardo.
Ad essere sincero, non avevo forse nemmeno avuto l'ispirazione giusta fino ad oggi. Ma ieri sera, mentre guardavo dentro ad una pentola di minestrone, ero un po' arrabbiato, e di colpo ho pensato a questo blog. Come se la mia mente lo avesse usato a mo' di valvola di sfogo, e subito mi sono rilassato.
Voglio tornare indietro di un mese dal mio sguardo al minestrone.
Quando insieme ai ragazzi ormai diventati amici conosciuti durante l'anno che mi ha consacrato cuoco, festeggiavamo nel cortile di casa a suon di hamburger e birra.
Tutto sommato ero consapevole che certi momenti mi sarebbero mancati, ormai ho lasciato la mia routine già più di qualche volta e cambiare vita aggiunge quella speziatura brillante che fa assaporare meglio ciò che hai. Le persone vengono per salutarti, quando le incontri per caso ti salutano e sorridono sempre, gli amici si fanno sentire e tutto si fonde in quell'atmosfera dolce amara tra abbracci e consapevolezza del distacco.
Il giorno seguente, in un attimo, siamo all'aeroporto di Myrtle Beach.
Senza tante paranoie questa volta. Non c'è l'effettiva emozione pungente di quando si affronta un viaggio avventuroso o una vacanza zaino in spalla, in noi c'è più che altro la voglia di dimostrare che ce la possiamo fare. Quello che per molti potrebbe essere definito come il sogno americano per noi si rivela subito come una semplice realtà.
Quartierino carino, appartamento nuovo affacciato sui campi da golf, piscina sul retro a dieci minuti dal mare e quindici dal ristorante in cui hanno offerto un lavoro.
Dal primo giorno cominciamo subito la nostra odissea in cucina, una maratona che inizialmente arriva a sfiorare anche le 16 ore giornaliere.
Niente di anormale per chi fa dello "spadello" la sua vocazione.
Quel che di anormale abbiamo potuto verificare invece è l'avventatezza del progetto.
Fin da subito ci è risultato eclatante come questi signori che hanno investito per creare questo mega ristorante, curatissimo dal bagno ai dipinti fatti fare direttamente sulle pareti da alcuni artisti locali, abbiamo realizzato una macchina senza calcolarne le spese.
Inizialmente, come al solito schiacciavo la lingua tra i denti e me ne stavo zitto, incolpandomi di presunzione e poca umiltà.
Ma ora che ho un quadro più completo...beh...per fortuna ho un blog.

Ingredienti per la zuppa del giorno
Mettete insieme una manciata di persone con qualche centinaia di mila euro da investire, aggiungete una manciata di caratteri differenti, un po' di cultura est europea. Una fogliolina di ego smisurato e fate molta attenzione a non mettere dentro niente che abbia esperienza in cibo o ristorazione.

Cuocete per un mesetto e la zuppa è pronta.

Le citazioni più eclettiche degli investitori:

  • "il mio amico ha un risto e oggi ha fatto 400 coperti, noi solo 100....dobbiamo cambiare menù!" (risto dell'amico aperto da 3 anni, il ns aperto d 3 settimane)

  • "il nome del ristorante è troppo simile a quello di un altro risto e quindi dobbiamo cambiargli il nome!" il tutto dopo aver speso decine di migliaia di dollari in pubblicità.

  • "ragazzi il cibo che fate non è veramente italiano, dovete cambiare qualcosa, nella passata di pomodoro non potete metterci solo il pomodoro, lo sanno tutti che ci va anche: aglio, origano, basilico, sale, zucchero, osso di vitello, osso di agnello,  carne, sedano, carote, cipolle, aglio in spicchio, aglio in polvere, farina per renderlo denso, concetrato di pomodoro per renderlo rosso, dobbiamo davvero insegnarvele noi queste cose?"

  • "questa sera abbiamo venduto cento ravioli ed un persona si è lamentata che il ripieno mancava un po' di sapore, domani cambiamo i ravioli"

  • "cioè non potete capire, abbiamo fatto i conti, la cucina è la parte del ristorante che ci costa di più. Dobbiamo abbattere i costi." :-0   (solo io mi chiedo quale altra dovrebbe essere la parte più costosa di un risto?)

E questo è solo un piccolo riassunto della comica quotidiana. 
Ma c'è anche il bello, perchè io non riesco mai a vedere solo il bicchiere mezzo vuoto. In tutto ciò io sto facendo un'esperienza unica. Mi ritrovo a dover gestire delle cose e a dover trovare delle soluzioni immediate per altre, che probabilmente in una situazione normale ci sarebbero voluti anni per raggiungere un livello tale di autonomia decisionale. Lavoro ogni giorno a fianco di un professionista con cui ho gia lavorato in passato e che indicandomi la via mi aiuta a scoprire tecniche semplici strettamente legate alla nostra tradizione.
A mia volta sento di essergli utile nell'attutire i colpi quando un cliente manda indietro una pasta senza nemmeno averla toccata, dicendo che non sembra la pasta che lui è abituato a mangiare, pregandoci quindi di non spacciare un piatto di tagliatelle fresche all'uovo fatte ogni mattina e spadellate con il ragu alla bolognese, come un piatto italiano.

Eccoci finalmente al minestrone. 
Un paio di giorni fa, dopo un servizio alquanto intenso, mi si era aperto un certo languorino, non sapendo cosa mangiare mi sono fatto preparare da Alice una scodella di minestrone con un po' di parmigiano e dei crostini. Ho chiesto ad un collega di coprire la mia stazione e mi sono ritirato sul retro. 
Seduto sul tavolo da pic-nic arrugginito, ricordo di aver scattato un'istantanea di quel momento.Con la sola luce della città, lungo il fiume, sudato come una pantera e seminascosto dal cassonetto della carta. Avevo davanti il piatto che fumava appena. Lo Chef preparava quel zuppotto ogni mattina scottando le verdure nella lionese per caramelizzarle, ed aggiungendole poco alla volta al pentolone rispettando i diversi tempi di cottura. Mentre le masticavo mi sorprendevo nel trovarle tutte ben definite e croccanti. Il parmiggiano le esaltava ancora di più e quel crostino ogni tanto che mi arrivava in bocca saziava la mia voglia di asciugare le fauci per un qualche istante. In quel momento ho pensato che se fossi in un ristorante stellato è proprio così che vorrei mangiare un minestrone. Niente di più e nulla di meno. Dai peperoni ai cavolfiori fino alle punte d'asparago. Niente era stato lasciato al caso e tutto creava una sensazione dolce, un abbraccio della nonna di quando te ne tornavi infreddolito da una giornata sulla neve con gli amici e lei ti propinava sti brodetti di verdure.  
Una volta rientrati a casa ho condiviso con lo chef questo mio pensiero e lui, spiegandomi come si procede per fare un minestrone a regola d'arte mi ha fatto pensare tra me e me che magari saprò anche mettere in bassa temperatura un maialino da latte con i sali bilanciati e le bucce degli agrumi candite, ma fino a quel momento non sapevo nemmeno come preparare uno dei piatti più poveri e basilari della cucina italiana.

Puntualmente il giorno seguente arriviamo in cucina e poco prima del servizio uno dei capi arriva con aria soddisfatta e ci sbatte sul banco una ciotola di plastica modello Mc Donalds  da asporto con dentro dei pomodori pelati. Con un inglese misto a vocaboli d'oltre oceano ci spiega come quello fosse il vero minestrone a cui la gente era abituata e che da oggi in poi quello era ciò che avremmo dovuto replicare. 
Non mi sono abbatuto, lo giuro. 
Ormai ho capito che quel che per noi è merda, qui va forte. 
Pensare che per creare gli special del giorno, non ci affidiamo più alla nostra conoscenza culinaria, ma chiediamo ai camerieri come fare i piatti. Glieli presentiamo, riceviamo un feedback sulla presentazione e sul gusto. Praticamente i nostri consulenti culinari sono i lavapiatti afroamericani e i camerieri. 
Fatto sta che ieri ho aperto quel minestrone, e con il cucchiaio ho tentato di capire come fosse fatto. Composto da 65% pomodori pelati ed il resto carote tagliate julienne con il robot, sedano, fagioli neri messicani e pasta tipo conchiglie ovviamente stracotte. Era il tipico minestrone in scatola. Non vi era nessun dubbio. 
Dovevo andare a fondo, ero incredulo. Mentre alice discuteva con uno dei proprietari che voleva convincerci che la parola minestrone l'avevano inventata gli americani e che quello che ci aveva portato era l'originale, ho versato quel liquido in un piatto e poggiatosi sopra un rametto di timo ho chiamato tutti i camerieri e chiesto cosa ne pensavano del nostro nuovo minestrone.

Ero davanti a 8 persone tutte americane e la risposta è stata univoca. L'immagine successiva ero io in ginocchio quasi in preda alle lacrime. Lo chef che urlava dalla cucina che si sarebbe rifiutato di proporre cose del genere ed Alice che quasi si mangiava uno degli investitori.

"ooooohhhh finalmente abbiamo un vero minestrone!!!!" esclamano tutti quando lo vedono, e dopo averlo assaggiato:
"perfect, delicious, mancherebbe solo un po' di carne ma cmq così è quello che la gente conosce"

Ero pietrificato.
Lentamente ho annuito e li ho ringraziati per i consigli.
Ho preso la casseruola, versatoci dentro il ns minestrone (quello buono), frullate e stracotte le verdure, aggiunto il 65% di pomodori pelati, fatto bollire il tutto per un po' con le carote che Alice utilizza per le insalate e dei rimasugli di pasta vecchia precotta di cinque giorni prima. Ho messo il tutto su di un piatto e riproposto a capi e camerieri. Tutti daccordo, quello sarà il nostro minestrone. MAi assagiato niente di così buono. (a detta loro)

Succede sempre così, sono le circostanze che ti portano alle decisioni importanti. 
Cucinare per gli altri non è solo un business, non è un modo per arricchirsi solamente, è una forma di imperfezione. 
Essere un cuoco vuol dire essere imperfetti, avere sempre qualcosa da imparare ma credere di sapere tutto. Vuol dire essere uomini duri, ma con il carattere delle prime donne in pubblico. Essere un cuoco significa amare un lavoro che ti trasporta in un mondo suo, dove si parla un altra lingua dove non c'è spazio per il compromesso. 
Prima di partire in molti mi chiedevano perchè non cercassi di andare a lavorare in un grande ristorante stellato, ed io rispondevo semplicemente che forse non era quella la cucina e lo stile che ricercavo. Oggi capisco che ancora non sò che tipo di cuoco voglio essere o che tipo di cucina voglio proporre. Capisco che sono troppe le cose che devo ancora imparare e le esperienze che voglio scoprire. Ma di certo, sò che ho cominciato a mettere dei paletti nella mia professionalità. 
Mentre ero con la faccia sopra quel minestrone ho avuto come la sensazione che qualcosa fosse morto dentro di me, invece era solo la mia coscienza. 
Era quella voce interna che ti parla fin da quando sei bambino e che se non smetti di ascoltare, lei non smette di parlare. 
Quel presagio che qualche libro descrive come il tuo vero io. Un'emozione che spesso molti di noi cercano di negare fino a quasi non sentirla più.
Per quel che mi riguarda è sempre stata una utile consigliera insieme ai segnali del mondo. Ogni posto che ho visitato, persona conosciuta o lavoro svolto sono stati il frutto di sensazioni, percezioni e scelte fatte sula base di queste sensazioni. E se oggi posso definirmi una persona felice è anche merito loro. 
Per questo ho deciso che non lo voglio mettere il pollo grigliato in cima ad un piatto di carbonara, non voglio usare altri ingredienti per far diventare un pomodoro quello che non è, non voglio cucinare gli spaghetti con le polpette. Ma soprattutto, sto cazzo di minestrone in scatola e le fettuccine Alfredo con gli scampi ed il limone, non chiedetemi di prepararli, perchè non sono io il cuoco adatto. Non voglio far entrare nelle mie narici e nel mio sangue quel sapore standard di dado chimico, aglio, burro e zucchero. 

American Style....No thanks....per la prima volta nella mia vita PROUD TO BE ITALIAN 


domenica 4 maggio 2014

Pais Vasco...4 seasons in one day...and to much surf!!!







Diventa ormai un rito porre qualche annuncio su blablacar.it e conoscere nuovi surfisti alla ricerca di adrenalina come noi. Dopo un anno di studi in cucina, stage nei week end e lunghe settimane invernali che mi hanno costretto a rinunciare alla mia fuga invernale verso mari tropicali, eccomi qua alla guida con il camper che punta verso ovest. Le previsioni sono di buone onde ma tempo pessimo, lasciamo la pianura padana mentre si allaga completamente per raggiungere i paesi baschi, dove in teoria il surf non manca mai. 
A bordo oltre a me e l'Alice, vi è anche una ns vecchia conoscenza del Portogallo, Maria.  Max un surfista tedesco che studia a Pisa, Luca e Filippo due amici di Milano che si sono posti l'obiettivo di colonizzare le dune di Saignosse ed Hossegor. 
Arriviamo in tarda serata e lasciamo la notte impadronirsi del ns sonno dopo una giornata davvero lunga anche se piacevole.
Il mattino seguente, è come se non fosse passato neanche un secondo dai vecchi tempi dei road trip lungo le coste dell'Australia. alle prime luci dell'alba io che mi alzo e mi butto addosso le prime due cose che trovo mentre i piedi scalzi corrono lungo il sentiero sabbioso che porta oltre la duna fino alla spiaggia. 
Nessuno in acqua, e timide onde rompono poco distante da riva. Ideale per rincontrare l'oceano dopo quasi un anno di assenza. 
Tutti ancora dormono, le promesse di Alice e Maria di voler surfare all'alba, si infrangono contro il cuscino ed il calore del piumino che le avvolge....ma questa si sa...è la mia maledizione e non ne faccio una colpa a nessuno. 
Sono io il malato...quello che quando è a meno di 100mt dal mare si sveglia con il sole e deve lavarsi il viso tra le braccia di Mr Ocean. 
Silenziosamente...sfilo una tavola dalle sacche e scivolo dentro la muta...lascio le donne ai loro sogni e con il mare deserto entro nel mio mondo.  Il cielo grigio si confonde con l'orizzonte del mare, di tanto in tanto qualche linea scura si paventa formando l'onda che mi farà ricordare il motivo di questa mia vocazione. Nuoto con forza verso riva, mi sento sollevare dalla punta dei piedi fino al petto dalla sua forza e poi giù....lungo quella creatura così diversa da tutte le altre.
Spesso me lo chiedo ancora come sia possibile amare una rituale così semplice. Mi capita spesso di osservare ragazzi evolvere nel loro stile, spingersi oltre i limiti, fare cose sulle onde che davvero sembrano contro le leggi della natura. Tutto molto bello...ma io amo ancora quella sensazione primordiale. Mi piace sentire la spinta del mare sotto la tavola, il mio peso che si oppone fino a che è costretto a prendere la decisione di riposizionarsi e condividere la gravità con il mare. Scivolare lungo un qualcosa di estremamente vivo che viene da un altro mondo...ascoltando il suo messaggio.
Pian piano il mare si popola di altri malati come me ed il silenzio di quelle sensazioni lascia il posto alla competizione per l'onda migliore.
Dopo qualche ora vedo le ragazze spuntare dalle dune con le loro tavole...sembrano due professioniste. Tutte e due more  con i capelli lunghi, mute nuove di zecca super firmate e tavole sotto il braccio. Dall'acqua si alzano commenti in tutte le lingue europee...effettivamente non si capisce come mai in Europa ci siano pochissime donne che praticano il surf...praticamente io avevo in camper il 90% delle surfiste di Hossegor.
Il benvenuto è accogliente anche per loro...onde morbide e gente simpatica, ci concediamo ancora qualche ora in acqua e poi un giretto in centro fino a sera.
L'indomani si apre con il solito cliché....io che sgattaiolo fuori dal letto in preda alla smania di vedere l'oceano...ed i miei piedi che corrono sopra le dune...dietro di loro anche quelli fonfy di Alice...che sono stati in qualche modo contagiati dai miei durante la notte. 
Svalichiamo la duna...e boom. 
In una perfetta mattinata i sole, un leggero vento da terra accarezzava delle linee continue di onde che infrangevano in maniera perfetta lungo tutta la costa. Era uno spettacolo che non vedevo da più di un anno, dal Marocco credo.
Non avevo parole....dall'Alto di quella duna...avevo tutto ciò che volevo.
Le onde erano terribilmente dure ma incredibilmente divertenti....Alice è coraggiosamente con me in mezzo ai frangenti, nei suoi occhi la determinazione di chi non si sarebbe mai perso quello spettacolo. 
Il mare aveva dato il meglio che poteva...noi abbiamo cercato di fare lo stesso, con risultati mediocri...ma il sorriso non ci manca mentre dirigiamo verso il nostro meritato pranzetto...
Mentre usciamo dall'acqua ci ritroviamo fianco a fianco con Leonardo Fioravanti, campioncino under 16 di surf ed una delle uniche speranze italiane nelle competizione di surf mondiali. 
La sensazione è quella di essere proprio nel posto giusto. 
Decidiamo di cominciare la ns discesa verso Santander dove la ns amica Maria prenderà il suo aereo di ritorno tra qualche giorno...i paesaggi e le cittadine che attraversiamo sono incredibili. Si passa da spiagge lunghe 20km a piccole baie incastonate tra le montagne che quasi ti fanno sembrare di essere in Irlanda. Attraverso le vie del cammino di Santiago, lungo le vallate e gli scorci della Cantabria, ogni giorno siamo accompagnati da un timido sole che essendo pur inaspettato ci dona ancora più la carica di affrontare le ns giornate condite di surf, musica e giretti nei centri dei paesi con la Maria a caccia di free wi-fi. 
A volte mi ritrovo seduto ad un bar dopo aver surfato, con le due donne completamente perse nei mondi di instagram e di Facebook ed io li a sorseggiare un te. 
Nessuno parla con nessuno, ne approfitto per ritirarmi nei miei pensieri e sentirmi libero. Le miei passioni e le mie esigenze vanno di pari passo. Da un lato mi sento che forse anche io dovrei avvisare il mondo della mia felicità...ma poi penso che la parola condivisione, negli ultimi tempi abbia assunto un valore leggermente diverso da ciò che significa per me. Forse un giorno qualcuno alzerà la cornetta di un telefono o incontrandomi mi chiederà se sono felice. Vorrà sapere dei miei viaggi ed avrà la curiosità di dare un'occhiata alle mie foto. 
Ed io avrò il piacere di fermarmi a raccontare.     
Dopo una mitica session di long board con mare in glassy condition a Playa de somo a Santander, è giunto il momento di salutare Maria, come al solito è stato un piacere avere a bordo. Una persona piena di stimoli e vivace come poche, che trova con noi, il modo di evadere da un mondo difficile e frenetico come quello della movida milanese. Un po' ci dispiace salutarla anche se qualche giorno da soli io ed Alice lungo le vie della Cantabria ci rilassano al sol pensiero.  
Tra paesaggi incredibili, onde e cibo eccellente attraversiamo Bilbao,  arriviamo a Mundaka e giù fino a Bakio un mitico paesino sperduto tra le montagne, dove riscopriamo la quint'essenza del campeggiare, surfare e mangiare....arriviamo al ns ultimo giorno che decidiamo di spendere nel paesino di confine tra Francia e Spagna Saint Jean de Luz.
Mitico il suo lungomare, il suo tramonto...e le crepes bretone che ci siamo sbafati in un tipico localino Basco.
Ho come la sensazione di aver ritrovato me stesso nel viaggiare e nello spostarmi ogni giorno. Pensavo che sarebbe stata una vacanza di surf e pioggia...e mi sono invece ritrovato a scoprire sapori e colori lungo le vie dei pellegrini, a fare la conoscenza di professionisti del surf e ad ammirare l'oceano mentre dimostrava la sua forza. 
Ho visto un tramonto speciale, mentre un secondo prima io ed Alice venivamo schiacciati improvvisamente da un muro d'acqua di 4 metri e la Maria si faceva quasi sgozzare da una fin della sua tavola....un minuto dopo correvo sparato lungo la pancia di un'onda due volte più grande di me mentre il sole incendiava l'orizzonte.
Ho conosciuto persone incredibili, ragazzi diversi uniti da una passione comune. Ho cucinato, mangiato, corso, riso e vissuto ogni istante....e mentre aspettavo l'ultima onda...per un attimo, ho desiderato non arrivasse mai.




venerdì 18 aprile 2014

Status Social Club - il libro -




Circa un anno fa, ero seduto al tavolo a casa di Alessandro. 
Circondato da una quindicina di amici mentre si parlava e beveva qualcosa insieme.
Credo di aver avuto una visione, un piccolo transfer. 
Aver compreso, come il concetto di "insieme" doveva aver subito qualche modifica nel mentre ero distratto a fare qualcos'altro.
Più della metà di noi aveva il telefono in mano e lo stava usando, gli altri non lo usavano, ma lo avevano appoggiato giusto di fronte a loro. Molti dei ns discorsi derivavano dalla foto che qualcuno aveva pubblicato su Instagram piuttosto che dallo sfogo di un altro pubblicato su Facebook.
La serata era calda e divertente, ed ho voluto scattare un'istantanea di quel momento, partorendo l'idea di seguire i pensieri della rete per un anno.
Inizialmente lo facevo sentendomi un po' scemo, provavo la medesima sensazione di quando ero ragazzino e mi salvavo i messaggi nella cartella "messaggi da ricordare".
Col passare delle settimane, elaborare e raccogliere idee e pensieri dalla rete era diventata un'abitudine che sembrava facesse parte di me da sempre.
Ogni volta che aprivo un social, c'erano persone ed idee in grado di ispirarmi un'emozione. La cosa è stata talmente divertente da catalizzare l'attenzione di alcuni amici e della mia ragazza. Senza accorgersene erano stati drogati dal progetto al punto da scrivermi giornalmente idee e stati interessanti che avevano scovato.
Arrivati alla fine di questo viaggio, ad un anno di distanza da quella sera in cui avevo deciso di fotografare la ns storia da un altro punto di vista, ecco cosa ne è uscito.
Status Social Club, un libro imperfetto. Una raccolta di stati ed idee che si susseguono in ordine temporale da Gennaio a Dicembre 2013. 
Dove la ns mente a volte non accetta di confrontarsi con la realtà, ma preferisce creare spazi dove tutto sembra perfetto.
I contrasti la fanno da padroni....
Da qualche parte nel mondo qualcuno decide di dedicare una citazione al nonno defunto, e qualche secondo dopo qualcun altro sente la necessità di commentare la cacca del suo cane.
Mi piace pensare che leggere questo libro sia un viaggio esilarante ed a tratti drammatico, attraverso il ns ego e le nostre vicende.
Dalla politica ai risvegli del lunedì mattina....dall'avvento della crisi all'evento della neve. Tutto, dalle cose più importanti a quelle più frivole si mischiano dando un'impronta alla ns società. 
Non si capisce bene se alla fine riusciamo a definire noi stessi come esseri unici ed originali, ma di certo, ogni volta che apriamo la schermata di un social...di fronte a noi scorrono pensieri ed emozioni di ogni colore e provenienza. E' una rete colorata di pensieri in grado di alterare le ns giornate.

Se volete scoprire di più di questo libro, vi metto il link qui sotto.
Potete acquistarlo od anche solo recensirlo e segnalarlo come interessante, su lulu.com
Grazie mille a tutti del sostegno.


http://www.lulu.com/spotlight/AlbertoAndolfo






sabato 5 aprile 2014

Mosca trapassato e Futuro



#surf #moscow #uziwa

#passato presente e futuro

#paint

#pollution



Probabile che data la sua posizione nel mondo, Mosca non l'avrei mai visitata se non fosse stato per Alice che al momento ci lavora. 
Non prendo l'aereo da un po' e fingo di essere arrugginito, anche se in fondo non vedo l'ora di respirare aria di aeroporti. 
Stavolta parto leggero...di bagagli e di pensieri. Raggiungere Mosca é praticamente uno sbattimento nella preparazione, ci sono pochi voli diretti, bisogna fare il visto qlche settimana prima e non sai mai cosa puoi e cosa non puoi caricare in valigia.

Fattostá che dopo aver cucinato con i ragazzi della scuola di cucina, mi faccio accompagnare a Venezia dove passo la notte sdraiato per lungo su due panchine, con le ginocchia che abbracciano un appoggiagraccio, cerco di vivere uno di quei momenti che non possono mai mancare nelcurriculum di un viaggiatore: dormire in aeroporto.
La partenza di li a poche ore, intorno alle sei sono giá imbarcato per Brussells e dopo qualche ora sto decollando verso La Federazione Russa.

Nel mentre mi faccio qualche compagno di viaggio e ne approfitto per capire un pó di piú del paese in cui mi sto recando. Nel mio immaginario probabilmente limitato, la Russia é un paese pseudo triste, fatto sulle ceneri di tristi storie, pieno di miliardari che svolazzano in giro per tutto il mondo e godono di ció che non possono avere nel loro paese. Poi ci sono anche le ragazze. Le famose "russe", a detta di tutti tra le piú belle donne al mondo.
Mah....

Spendo le mie tre ore e mezza a parlare con Anna, una ex moscovita che ormai vive a Brussells da anni. È una ragazza non troppo alta e sulla quarantina, con i capelli alle spalle biondo cenere. Veste un tailleur grigio chiaro e ad ogni sorriso mostra senza vergogna un apparecchio per i denti tra i piú articolati che abbia mai visto.
Gestisce un agenzia di vendita per una multinazionale. Mi racconta un sacco di cose interessanti, di come é stato crescere a Mosca, di quanto ancora lei si sorprenda quando va a fare la spesa, perché riesce a trovare cibi da tutto il mondo. Ovviamente i discorsi non potevano non toccare la cucina, lei era molto interessata a capire alcune delle ricette della cucina italiana ed io di quella russa. Alla fine del volo é cosí gentile da accompagnarmi addirittura in centro dove ho appuntamento con la mia bella Alice. Perfortuna che ho trovato Anna ed avevo Alice che mi aspettava...nonostante fossi a conoscenza che non esistono o quasi indicazioni in inglese in Russia, non si é mai realmente preparati ad atterrare in un luogo in cui non si capisce nemmeno una parola di quel che la gente dice o scrive.
Poco male...neanche il tempo di smontare dal treno che mi accompagna in cittá e di abbracciare Alice, che siamo giá lanciati nelle profonde ed infinite gallerie della metro di Mosca. 
Chi ci é stato puó capire la mia sensazione...chi deve ancora provare puó tentare di immaginare un fiume in piena di persone che come robot creano un flusso al quale non ci si puó opporre. Devi camminare veloce e capire la direzione da prendere al volo...altrimenti la piena ti schiaccia. Sembra un mondo bloccato ai primi del 900. Tutti vestono di nero e grigio. Le pareti sono marroni e le scale mobili rivestite di finto legno tipo frizzer dei gelati della Algida anni 80. 
Finalmente sbuco a destinazione, con il mio trolley ed Alice che mi tira per il braccio xché sono troppo lento....respiro un pó di aria moscovita e vedo il cielo...poi abbasso un pó lo sguardo e praticamente ci sono solo strade e macchine. Per attraversare esiste solo un modo: il sottopasso kilometrico. Una cosa l'ho capita subito, se vuoi muoverti qui, devi fare il topolino e muoverti sottoterra, altrimenti finisci comunque sottoterra.
Metodo n 1 x tentatre il suidio a Mosca: attraversare la strada in superficie.

Ho ancora la valigia in mano e ancora un pó stordito dal sentirmi analfabeta, raggiungiamo i colleghi di lavoro di Alice. Super carini, ci offrono una cena stupenda in uno dei migliori ristoranti ukraini della cittá. 
Troppo bello, antipasti di formaggi vari, portatona di burro pane di segale e caviale come antipasto. E poi il Borsh...zuppona di rape rosse, patate e cipolle...vino della Crimea e vodka come se piovesse.
Nessuno che parlava ovviamente italiano e nessuno che voleva parlare inglese...e qui scatta il vantaggio di aver agganciato la mia interprete...e quindi divertimento assicurato. 
Soprattutto quando ho preso un po' di confidenza e parlando della statua immensa che avevo visto poco prima nella piazza adiacente al ristorante, ho chiesto se fosse "l'olimpionico del salto con l'asta...quel Bubcka"....e la Ali ha invece detto, ma no quello é Micheal Jackson....il silenzio é calado al tavolo e senza troppi sorrisi ci hanno detto che quello era Gagari...un eroe nazionale.
Io ho preso la pala e sono andato a sotterrarmi in bagno.

Il mattino seguente ho affilato le suole delle scarpe, vestito il maglione piú pesante che avevo ed indossato la giacca da neve...giornata splendida...dalla finestra...un venticello siberiano ci pelava le guance come fosse una lama di rasoio...mi ero quasi dimenticato di dove fossi, fortuna che camminare scalda. Ho fatto il turista per un giorno, passeggiato per l'Arbath, visitato il Kremlino e le sue chiese, la piazza rossa e tutte quelle cose he non si possono non vedere. La cosa che mi ha lasciato piú sorpreso sono state le ragazze russe. Alice paventava che mi sarei innamorato ogni tre passi, alcuni ragazzi in aereo mi dicevano che belle come loro non ne esistono...io posso solo confermare che il bello é una cosa soggettiva. Certo gusti sono gusti...ma dove manca il calore la simpatia ed il sorriso...io davvero non so cos'altro guardare.
(ovviamente questa è la versione che devo dare perché la mia ragazza ha contatti con il KGB e temo per la mia incolumità)

Abbiamo girato in lungo ed in largo, percorso vie senza nome e visto monumenti di poeti e scrittori, sorriso alla passione per l'arte e la cultura e goduto di cibi semplici ma differenti.  Da notare la lingua di vitello grigliata al coriandolo con sorbetto di melograno e grappa che mi sono sbaffato in un ristorante Tajiko. Si perché nella mia ignoranza...non avevo pensato che la Russia, is a very big country! 

Qui ci sono persone che sembrano essere da ogni parte dell'Asia ed invece sono russe, ed hanno importato le loro tradizioni ed i loro sapori...na figata...
Alla domenica troviamo anche il tempo per alzarci con calma...pensare che tutto sommato...avevamo preso da mosca poche cose ma essenziali e che era il momento di dedicarci a ció che ci piace...le nostre passioni ci seguono anche qui...e quindi in mancanza di surf...ma non di onde (come si puó vedere in foto) ;-) Facciamo una bella colazione in una pasticceria francese e andiamo a #bikram yoga a sudare un po'. Troppo forte...l'insegnante che spiegava in russo le posizioni ed io che sembravo un manico stalker che dovevo guardare gli altri per capire le posizioni. 

Un sushi con calma nei pressi dei musei e poi scatta l'incontro con Luca e Tatiana, due giornalisti italiana che vivono a Mosca da qualche anno. Lei era giá amica di 
Alice ma non si vedevano da tempo e lui un ragazzo di Roma troppo perfetto per essere vero. Con l'aspetto da ingeniere, corredato di cappotto di lana mezzobusto e gli occhiali con montatura super leggera, parliamo di ció che facciamo nella vita. Lui si appassiona ai discorsi e ci confida che avrebbe sempre avuto anche lui il sogno di fare l chef.
Beh...da giornalista a chef...il passo sembra breve se vediamo la Parodi...peró il percorso potrebbe essere ostico...fattostá che stamattina....Luca mi scrive su facebook che le cose non accadono mai per caso...lo avevano appena locenziato e si stava iscrivendo ad una delle migliori scuole di cucina in Italia...che dire....buona fortuna...ci vedremo prossimamente in cucina.

La mia visita a mosca termina con una colazione abbondante e un saccodi sorrisi, una cameriera gentile tatuata su tutto il corpo e un fiume di persone che percorrevano i marciapiedi fuori dalle finestre. Ero spettatore del muoversi di una megalopoli. 
Good bye Moscow...non credo mi mancherai...ma hai saputo emozionarmi.