martedì 8 luglio 2014

American Style....No Thanks!!!!!

Ho deciso di far passare un po' di tempo dal momento in cui sono approdato negli Stati Uniti prima di scrivere qualcosa a riguardo.
Ad essere sincero, non avevo forse nemmeno avuto l'ispirazione giusta fino ad oggi. Ma ieri sera, mentre guardavo dentro ad una pentola di minestrone, ero un po' arrabbiato, e di colpo ho pensato a questo blog. Come se la mia mente lo avesse usato a mo' di valvola di sfogo, e subito mi sono rilassato.
Voglio tornare indietro di un mese dal mio sguardo al minestrone.
Quando insieme ai ragazzi ormai diventati amici conosciuti durante l'anno che mi ha consacrato cuoco, festeggiavamo nel cortile di casa a suon di hamburger e birra.
Tutto sommato ero consapevole che certi momenti mi sarebbero mancati, ormai ho lasciato la mia routine già più di qualche volta e cambiare vita aggiunge quella speziatura brillante che fa assaporare meglio ciò che hai. Le persone vengono per salutarti, quando le incontri per caso ti salutano e sorridono sempre, gli amici si fanno sentire e tutto si fonde in quell'atmosfera dolce amara tra abbracci e consapevolezza del distacco.
Il giorno seguente, in un attimo, siamo all'aeroporto di Myrtle Beach.
Senza tante paranoie questa volta. Non c'è l'effettiva emozione pungente di quando si affronta un viaggio avventuroso o una vacanza zaino in spalla, in noi c'è più che altro la voglia di dimostrare che ce la possiamo fare. Quello che per molti potrebbe essere definito come il sogno americano per noi si rivela subito come una semplice realtà.
Quartierino carino, appartamento nuovo affacciato sui campi da golf, piscina sul retro a dieci minuti dal mare e quindici dal ristorante in cui hanno offerto un lavoro.
Dal primo giorno cominciamo subito la nostra odissea in cucina, una maratona che inizialmente arriva a sfiorare anche le 16 ore giornaliere.
Niente di anormale per chi fa dello "spadello" la sua vocazione.
Quel che di anormale abbiamo potuto verificare invece è l'avventatezza del progetto.
Fin da subito ci è risultato eclatante come questi signori che hanno investito per creare questo mega ristorante, curatissimo dal bagno ai dipinti fatti fare direttamente sulle pareti da alcuni artisti locali, abbiamo realizzato una macchina senza calcolarne le spese.
Inizialmente, come al solito schiacciavo la lingua tra i denti e me ne stavo zitto, incolpandomi di presunzione e poca umiltà.
Ma ora che ho un quadro più completo...beh...per fortuna ho un blog.

Ingredienti per la zuppa del giorno
Mettete insieme una manciata di persone con qualche centinaia di mila euro da investire, aggiungete una manciata di caratteri differenti, un po' di cultura est europea. Una fogliolina di ego smisurato e fate molta attenzione a non mettere dentro niente che abbia esperienza in cibo o ristorazione.

Cuocete per un mesetto e la zuppa è pronta.

Le citazioni più eclettiche degli investitori:

  • "il mio amico ha un risto e oggi ha fatto 400 coperti, noi solo 100....dobbiamo cambiare menù!" (risto dell'amico aperto da 3 anni, il ns aperto d 3 settimane)

  • "il nome del ristorante è troppo simile a quello di un altro risto e quindi dobbiamo cambiargli il nome!" il tutto dopo aver speso decine di migliaia di dollari in pubblicità.

  • "ragazzi il cibo che fate non è veramente italiano, dovete cambiare qualcosa, nella passata di pomodoro non potete metterci solo il pomodoro, lo sanno tutti che ci va anche: aglio, origano, basilico, sale, zucchero, osso di vitello, osso di agnello,  carne, sedano, carote, cipolle, aglio in spicchio, aglio in polvere, farina per renderlo denso, concetrato di pomodoro per renderlo rosso, dobbiamo davvero insegnarvele noi queste cose?"

  • "questa sera abbiamo venduto cento ravioli ed un persona si è lamentata che il ripieno mancava un po' di sapore, domani cambiamo i ravioli"

  • "cioè non potete capire, abbiamo fatto i conti, la cucina è la parte del ristorante che ci costa di più. Dobbiamo abbattere i costi." :-0   (solo io mi chiedo quale altra dovrebbe essere la parte più costosa di un risto?)

E questo è solo un piccolo riassunto della comica quotidiana. 
Ma c'è anche il bello, perchè io non riesco mai a vedere solo il bicchiere mezzo vuoto. In tutto ciò io sto facendo un'esperienza unica. Mi ritrovo a dover gestire delle cose e a dover trovare delle soluzioni immediate per altre, che probabilmente in una situazione normale ci sarebbero voluti anni per raggiungere un livello tale di autonomia decisionale. Lavoro ogni giorno a fianco di un professionista con cui ho gia lavorato in passato e che indicandomi la via mi aiuta a scoprire tecniche semplici strettamente legate alla nostra tradizione.
A mia volta sento di essergli utile nell'attutire i colpi quando un cliente manda indietro una pasta senza nemmeno averla toccata, dicendo che non sembra la pasta che lui è abituato a mangiare, pregandoci quindi di non spacciare un piatto di tagliatelle fresche all'uovo fatte ogni mattina e spadellate con il ragu alla bolognese, come un piatto italiano.

Eccoci finalmente al minestrone. 
Un paio di giorni fa, dopo un servizio alquanto intenso, mi si era aperto un certo languorino, non sapendo cosa mangiare mi sono fatto preparare da Alice una scodella di minestrone con un po' di parmigiano e dei crostini. Ho chiesto ad un collega di coprire la mia stazione e mi sono ritirato sul retro. 
Seduto sul tavolo da pic-nic arrugginito, ricordo di aver scattato un'istantanea di quel momento.Con la sola luce della città, lungo il fiume, sudato come una pantera e seminascosto dal cassonetto della carta. Avevo davanti il piatto che fumava appena. Lo Chef preparava quel zuppotto ogni mattina scottando le verdure nella lionese per caramelizzarle, ed aggiungendole poco alla volta al pentolone rispettando i diversi tempi di cottura. Mentre le masticavo mi sorprendevo nel trovarle tutte ben definite e croccanti. Il parmiggiano le esaltava ancora di più e quel crostino ogni tanto che mi arrivava in bocca saziava la mia voglia di asciugare le fauci per un qualche istante. In quel momento ho pensato che se fossi in un ristorante stellato è proprio così che vorrei mangiare un minestrone. Niente di più e nulla di meno. Dai peperoni ai cavolfiori fino alle punte d'asparago. Niente era stato lasciato al caso e tutto creava una sensazione dolce, un abbraccio della nonna di quando te ne tornavi infreddolito da una giornata sulla neve con gli amici e lei ti propinava sti brodetti di verdure.  
Una volta rientrati a casa ho condiviso con lo chef questo mio pensiero e lui, spiegandomi come si procede per fare un minestrone a regola d'arte mi ha fatto pensare tra me e me che magari saprò anche mettere in bassa temperatura un maialino da latte con i sali bilanciati e le bucce degli agrumi candite, ma fino a quel momento non sapevo nemmeno come preparare uno dei piatti più poveri e basilari della cucina italiana.

Puntualmente il giorno seguente arriviamo in cucina e poco prima del servizio uno dei capi arriva con aria soddisfatta e ci sbatte sul banco una ciotola di plastica modello Mc Donalds  da asporto con dentro dei pomodori pelati. Con un inglese misto a vocaboli d'oltre oceano ci spiega come quello fosse il vero minestrone a cui la gente era abituata e che da oggi in poi quello era ciò che avremmo dovuto replicare. 
Non mi sono abbatuto, lo giuro. 
Ormai ho capito che quel che per noi è merda, qui va forte. 
Pensare che per creare gli special del giorno, non ci affidiamo più alla nostra conoscenza culinaria, ma chiediamo ai camerieri come fare i piatti. Glieli presentiamo, riceviamo un feedback sulla presentazione e sul gusto. Praticamente i nostri consulenti culinari sono i lavapiatti afroamericani e i camerieri. 
Fatto sta che ieri ho aperto quel minestrone, e con il cucchiaio ho tentato di capire come fosse fatto. Composto da 65% pomodori pelati ed il resto carote tagliate julienne con il robot, sedano, fagioli neri messicani e pasta tipo conchiglie ovviamente stracotte. Era il tipico minestrone in scatola. Non vi era nessun dubbio. 
Dovevo andare a fondo, ero incredulo. Mentre alice discuteva con uno dei proprietari che voleva convincerci che la parola minestrone l'avevano inventata gli americani e che quello che ci aveva portato era l'originale, ho versato quel liquido in un piatto e poggiatosi sopra un rametto di timo ho chiamato tutti i camerieri e chiesto cosa ne pensavano del nostro nuovo minestrone.

Ero davanti a 8 persone tutte americane e la risposta è stata univoca. L'immagine successiva ero io in ginocchio quasi in preda alle lacrime. Lo chef che urlava dalla cucina che si sarebbe rifiutato di proporre cose del genere ed Alice che quasi si mangiava uno degli investitori.

"ooooohhhh finalmente abbiamo un vero minestrone!!!!" esclamano tutti quando lo vedono, e dopo averlo assaggiato:
"perfect, delicious, mancherebbe solo un po' di carne ma cmq così è quello che la gente conosce"

Ero pietrificato.
Lentamente ho annuito e li ho ringraziati per i consigli.
Ho preso la casseruola, versatoci dentro il ns minestrone (quello buono), frullate e stracotte le verdure, aggiunto il 65% di pomodori pelati, fatto bollire il tutto per un po' con le carote che Alice utilizza per le insalate e dei rimasugli di pasta vecchia precotta di cinque giorni prima. Ho messo il tutto su di un piatto e riproposto a capi e camerieri. Tutti daccordo, quello sarà il nostro minestrone. MAi assagiato niente di così buono. (a detta loro)

Succede sempre così, sono le circostanze che ti portano alle decisioni importanti. 
Cucinare per gli altri non è solo un business, non è un modo per arricchirsi solamente, è una forma di imperfezione. 
Essere un cuoco vuol dire essere imperfetti, avere sempre qualcosa da imparare ma credere di sapere tutto. Vuol dire essere uomini duri, ma con il carattere delle prime donne in pubblico. Essere un cuoco significa amare un lavoro che ti trasporta in un mondo suo, dove si parla un altra lingua dove non c'è spazio per il compromesso. 
Prima di partire in molti mi chiedevano perchè non cercassi di andare a lavorare in un grande ristorante stellato, ed io rispondevo semplicemente che forse non era quella la cucina e lo stile che ricercavo. Oggi capisco che ancora non sò che tipo di cuoco voglio essere o che tipo di cucina voglio proporre. Capisco che sono troppe le cose che devo ancora imparare e le esperienze che voglio scoprire. Ma di certo, sò che ho cominciato a mettere dei paletti nella mia professionalità. 
Mentre ero con la faccia sopra quel minestrone ho avuto come la sensazione che qualcosa fosse morto dentro di me, invece era solo la mia coscienza. 
Era quella voce interna che ti parla fin da quando sei bambino e che se non smetti di ascoltare, lei non smette di parlare. 
Quel presagio che qualche libro descrive come il tuo vero io. Un'emozione che spesso molti di noi cercano di negare fino a quasi non sentirla più.
Per quel che mi riguarda è sempre stata una utile consigliera insieme ai segnali del mondo. Ogni posto che ho visitato, persona conosciuta o lavoro svolto sono stati il frutto di sensazioni, percezioni e scelte fatte sula base di queste sensazioni. E se oggi posso definirmi una persona felice è anche merito loro. 
Per questo ho deciso che non lo voglio mettere il pollo grigliato in cima ad un piatto di carbonara, non voglio usare altri ingredienti per far diventare un pomodoro quello che non è, non voglio cucinare gli spaghetti con le polpette. Ma soprattutto, sto cazzo di minestrone in scatola e le fettuccine Alfredo con gli scampi ed il limone, non chiedetemi di prepararli, perchè non sono io il cuoco adatto. Non voglio far entrare nelle mie narici e nel mio sangue quel sapore standard di dado chimico, aglio, burro e zucchero. 

American Style....No thanks....per la prima volta nella mia vita PROUD TO BE ITALIAN