lunedì 12 gennaio 2015

Bolivia, dove la montagna si fonde con l'Amazzonia










Il piccolo autobus dal quale salutiamo il paesino di Uyuni prende lentamente il largo in mezzo alle montagne. Ancora pieni di immagini spettacolari che ci scorrono nella mente ci rilassiamo al calare della sera. Notiamo qualche indecisione di guida da parte del conducente, soprattutto durante le lunghe discese tra le verdissime valli di Potosì e Sucre. Ma la comica stava solo per cominciare. Un viaggio che sarebbe dovuto durare poco più di due ore, è finito per diventare il classico calvario Bolivinsky style. Ogni mezz’ora bisognava fermarsi perché nessuno aveva insegnato all’autista come usare il freno motore, causando quindi non poco surriscaldamento ai freni. Ma la scena madre ci vede fermi dopo una mega discesona, nel bel mezzo di un paesino che sembrava la valle incantata. Con i lama che ci passavano a fianco guardando il bus della speranza con i freni che fumavano, e la moglie del pilota che riempiti due secchi d’acqua nel fiume adiacente, cominciò a irrorare le ruote del mezzo. Guardandoci ridacchiando ci chiediamo dove altro dovrebbero succedere queste cose se non in un viaggio? Nel giro di qualche giorno percorriamo le vie dell’argento e visitiamo la capitale culturale di questo stato. La bellissima Sucre ci fa tirare un sospiro di sollievo e ci fa godere delle più autentiche emozioni nel farci suoi. Tutto scorre come niente fosse, tra l’immenso mercato e le centinaia di negozietti sparsi ovunque non ci facciamo mancare nulla. Da provare la empanadas, detta Saltegna regional….una delizia. Una bella pasta brisee di fuori e 1800°C internamente…occhio alla lingua.
Quando saliamo sul bus per Santa Cruz ci dispiace molto lasciare questa città, soprattutto perché siamo consapevoli che ancora una volta avremo 12 ore su strade dissestate e ginocchia in gola. Bisogna dirlo, la qualità dei bus da quando siamo arrivati in Bolivia, è drammaticamente crollata ma ce la facciamo passare dato che non ne avremo ancora molti da prendere. Il nostro obiettivo è il parco Amborò che sembra esser un luogo interessante, dove la montagna incontra la foresta amazzonica. Troviamo rifugio a Buenavista, dopo ancora un paio d’ore di taxi collettivo e una buona mezzora per trovarlo. Il feeling con il luogo ci colpisce subito e più che un luogo mistico, sembra un posto dove vengono a svernare tutti i pensionati dell’America latina. Con il vento che ci impedisce anche solo di parlare, nel retro del moto taxi, scendiamo verso il fiume che ci dicono essere balneabile. Incredibile come ovunque ci giriamo si intravedano immensi alberi da frutta. Manghi, avocadi e altri che on conosco ma che davvero sono ottimi. Il villaggio è molto povero e i ritmi sono rilassati. Nessuno sembra dover lavorare per vivere ed è sorprendente come dove si veda regnare la calma più assoluta, sia invece il controllo a regnare sovrano. Piano piano cominciamo a capire che la Bolivia è ormai diventato il maggior produttore di Cocaina in sud America e che la limitrofa città di Yapacani è la capitale dello smercio. Questo a detta di qualche local che si vede aveva un cugino al bar e che aveva appreso da fonti sicure al pub che le cose funzionavano tutte in funzione di un rapido passaparola.  Ovviamente non essendo soggetti a particolari vizi, non potremo confermare nulla. Data ormai la nostra imminente partenza per il Paraguay con il famoso bus scassato di 25 ore che attraverserà tutto il chaco boliviano e paraguagio, decidiamo di non volerci spostare ancora come invece hanno deciso di fare i ns amici Annika e Remo. LE nostre giornate sono semplici, come i succhi di frutta fresca del mattino, le passeggiate al fiume, le foto ai tucani, i tramonti sulla foresta e il sapore della vita più pura. Quella che ti regala il piacere di confermarti che sei sulla giusta strada. Certo che ogni volta che lasciamo la spiaggia sul fiume, ci ricordiamo che bisognerebbe davvero che qualcuno si prendesse la briga di portare un po’ di cultura ambientale da queste parti. Forse le aziende produttrici potrebbero fare imballaggi biodegradabili o magari anche solo cominciare a linciare con vischiate sulla schiena ognuno di questi animali che ogni volta che si muovono lasciano dietro di loro una scia incredibile di plastica e rifiuti in genere. L’ultimo tramonto speso in Bolivia, lungo il fiume…con un cielo che sembrava quasi incendiarsi ed i maiali che facevano a gara con i polli per accaparrarsi un po’ di cibo tra i resti lasciati dalla gente, ci ha lasciati uno gusto dolce amaro in bocca. Ma viaggiare in fondo è anche questo, scoprire che l’umanità non sta andando tutta nella stessa direzione, non prende le medesime decisioni e soprattutto talvolta sembra vivere in epoche completamente differenti. Io non me la prendo, non me la prendo mai con le diversità…mi limito a viverle e farne tesoro.

Ready for the next Bus..  

lunedì 5 gennaio 2015

Salar De Uyuni following the Dakar











Un autobus di 10 ore he impazza attraverso una unica strada perennemente diritta  e non asfaltata. La stessa che percorre tutto il percorso attraverso il centro ed il sud della Bolivia, fino a tuffarsi in mare dopo aver attraversato Atacama ed il Cile. Decidiamo che il Salar De Uyuni è una delle cose che vogliamo mettere nel ns album fotografico ed in quello dei ns ricordi. Non appena si scende, non si può non rendersi conto dell’atmosfera da veri esploratori dalla quale si viene asaliti. Pochi turisti e decine di Toyota 4x4 che si riforniscono di ogni qualsiasi cosa serva per attraversare il deserto ed accamparsi per diversi giorni. In realtà qui tutto gira attorno alle agenzie di tutto il mondo che mettono i turisti su delle jeep per 3 giorni e 2 notti con la promessa di dar loro la possibilità di catturare in camera l’effetto “reflection” (v. foto). La cosa viene resa ancor più interessante dal fatto che per circa la metà percorso, si seguiranno le medesime vie della nuova “Dakar”.
La meraviglia è unica alla prima vista del salar. 23 metri di profondita per non so quante migliaia di superficie. Mi sento come un bimbo che va al lunapark per la prima volta. La sensazione è quella di camminare sulla luna, in un mondo differente e lontano da tutto ciò che siamo abituati a vedere. La sorpresa è resa ancora più piacevole dal fatto che parlando con un’americana qualche settimana prima, ci aveva riportato la sua esperienza del salar. Ce lo descriveva come niente di speciale, dove secondo lei non valeva la pena passare del tempo.  Ecco che spesso e volentieri ci guardavamo tutti e quattro fino a che qualcuno sussurrava: Americansky!!!
Guidare sulla superficie candida del salar è un’esperienza da provare, è un misto di cautele come se si stesse guidando su del ghiaccio fragile e di sensazioni come se si stesse andando per mare. Qualcosa scorre sotto le ruote ma non si ha la percezione di essere su strada e soprattutto sembra a volte quasi di non muoversi affatto tanto tutto è così bianco luminescente. Spesso viaggiando in questi luoghi, si è talmente presi dal fare fotografie e commentare cose, che non ci si riserva nemmeno un momento per se stessi. Anche solo per pensare. Credo sia stata proprio quest’esigenza che dopo la ns prima notte passata in un piccolo villaggio disabitato e costruito interamente di sale, mi abbia fatto svegliare quando ancora il sole non era sorto. Vestito qualche indumento pesante ed un berrettino, mi sono incamminato verso l’alba, in un paesaggio che incarnava la sensazione di essere in un deserto, soli e vivi.
Al primo sentore del “forse mi sto allontanando troppo”, mi accorgo che sono seguito da un cagnolino. Il villaggio è lontano e quasi si confonde con le montagne, la linea dell’orizzonte davanti a me comincia ad illuminarsi di una luce rossa come il fuoco. Decido di sedermi in quello che per me era un deserto, ma appena trovo la tranquillità di guardare veramente, mi accorgo di non essere solo. Con il mio nuovo amico che sembra volermi far da spalla, scopro di essere stato seguito da un gruppo di lama in cerca di cibo (fortuna sono erbivori), e davanti a me le più rare Vicugne. Assomigliano a delle antilopi della savana ma non sono semplici da avvistare e soprattutto da avvicinare. Mi sento in pace con l’ambiente, ed è possibile che anche lui lo sia nei miei confronti, legato a questo pensiero, mi fondo all’alba che verrà.
Se il giorno si può dire essere ben cominciato, beh mai mi sarei immaginato di quanto la grande bellezza di questo luogo avrebbe continuato a farmi sentire speciale e fortunato di esserci. Lasciato il sale cominciamo ad addentrarci nel deserto di pietra, fino al confine con il Cile. Contornati da immensi vulcani e lagune iridescenti piene zeppe di fenicotteri, quasi viene a farci male il dito che preme sulle nostre macchine fotografiche. Ed ancora una volta mi accorgo di come la tecnologia ci abbia portati a volere immortalare e condividere ogni singolo momento, tanto da farci vivere quasi immediatamente nel ricordo di quell’attimo scattato poco prima. Ancora una volta, ripongo la mia macchinetta nello zaino, mi siedo, respiro.
Vivere il presente come non dovesse finire mai, non è l’unica cosa da ricordare nel mentre si visitano luoghi incredibili come questi. Infatti a volte, si finisce per dimenticare dove siamo. Le tecnologie, la conoscenza e la macchina del turismo, fanno sembrare questi luoghi raggiungibili da tutti. Tanto da non creare nessun senso di pericolo o anche solamente percezione di dover prestare attenzione a qualcosa in particolare. Ecco che spesso capita di vedere turisti che camminano e saltellano a caccia della foto da urlo, nel bel mezzo di Geyser in piena attività, o che vogliono fare le cose fighe e decidono di attraversare il deserto in bici e calcolano le provviste in base ai km da percorrere pedalando….senza considerare che più della metà del deserto è fatto di una ghiaia fine che fa sprofondare le ruote per più di mezzo metro rendendo impossibile l’avanzamento se non spingendo il proprio ciclo. Lo sanno bene i nostri due amici Italiani a cui abbiamo regalato cibo ed acqua nel mezzo del niente e ad ore (di macchina) dal primo paesino disabitato dove potersi riparare dia -15°C che qui piombano giù appena dopo il calar del sole. Ma senza andare tanto a guardare le grandi emozioni, ce ne sono alcune di piccole ed insignificanti, come fare una corsetta di venti metri per vedere chi arriva prima alla macchina, che ci è mancato poco non lasciasse Annika ed Alice vedove dei loro compiantissimi uomini soffocati dalla mancanza di ossigeno. Prima regola del viaggiare al salar: il tragitto si svolge tra i 2800 ed i 5200 metri di altitudine. Quindi niente corsette e d’obbligo una borsetta di foglie secche di coca che potrete comprare da qualsiasi fruttivendolo e che vi aiuteranno a far passare il mal di testa da altitudine.
Nonostante siamo lontani dal mare…il nostro motto: “ Stay salty!!!” rimane sempre un must.   


From Cuzco to Exploring Lake Titicaca







Mentre discutevamo dei nostri piani di viaggio con i nostri ormai inseparabili Annika e Remo, scopriamo da qualche blog su internet che esistono un paio di compagnie di bus che effettuano la tratta DIRETTA Cusco-Copacabana (Lago Titicaca, Bolivia). Controlliamo i prezzi e ci accorgiamo che non sono differenti da quelli proposti da un tipo dell’agenzia in Plaza de Armas. Quindi, invece che perdere una giornata per andare in stazione a prenotare i biglietti, acquistiamo la tratta DIRETTA senza fermate per Copacabana in un bus con poltrone letto della compagnia Huayruro. Belli come il sole, la sera dello stesso giorno andiamo al terminal de bus di Cusco e nel giro di mezz’ora forgiamo l’appellativo che lì in poi diverrà il nostro modo di descrivere lo stile dei peruviani:  quel PERUNZKI dell’agenzia probabilmente, dopo aver incassato l’amount del biglietto, invece di acquistare i voucher per la compagnia che ci aveva venduto, ha ben pensato di comprarlo per la compagnia più economica. Risultato: due coppie, due bus diversi, a due orari differenti e con un concetto di DIRETTO del tutto PERUNZKI. Il nostro bus non è poi così male, se non fosse che alle 5 del mattino ci ha lasciati nel bel mezzo della brughiera di confine peruviana a 3500 metri, per poi farci salire in un furgone capitanato da una gentildonna locale che ci ha guidati alla frontiera con la Bolivia e poi consegnato i soldi per raggiungere in taxi la ridente località di Copacabana, nostra destinazione finale. Ci chiediamo come sarebbe stata la compagnia che ci avevano detto non essere diretta. Primo assaggio di Bolivia: alla vista del lago Titicaca (il lago di grandi dimensioni più alto al mondo: 4000 metri) decidiamo subito di andare a visitare la Isla del Sol e ci prenotiamo per la corsa delle 13.30. Dispiaciuti di essere stati ingiustamente separati dai nostri compagni di viaggio svizzeri, pensiamo a dove saranno già arrivati visto che probabilmente il loro era il vero bus DIRETTO a Copacabana. Dopo aver girovagato un po’ per la città, stremati dalla notte selvaggia in autobus, approfittiamo della wifi che in realtà si rivela non funzionare su un bar costruito su un tetto, da dove avvistiamo due backpacker dal capello biondo tedesco: i nostri Annika e Remo giungono a Copacabana con il DIRETTO 5 ore dopo il nostro. Fortunatamente la permanenza sulla Isla del Sol ci fa dimenticare dei piccoli inconvenienti bolivinzki e ci godiamo i paesaggi mozzafiato, incastonati nel mezzo del lago a 4000 metri. Di tutti i luoghi finora visitati, questo schizza immediatamente in cima alla hit parade. Assolutamente da provare la trucha (trota) e la animal touch competition, ovviamente vinta dal sottoscritto, che dopo aver sculacciato per tutto il giorno porcellini, pecore, capre e asinelli, ha ben pensato di strizzare le orecchie ad un lama in posa per la foto, facendolo imbizzarrire. Shit happen!!!! Ci divertiamo troppo in quest’isola che per quanto stia attirando sempre più turisti, davvero rimane un gioiellino dove riposare e camminare spensierati per ore senza incontrare spesso anima viva. Alzarsi la mattina all’alba e sulla terrazza affacciati sul lago essere guidati nello yoga dalla ns splendida “Alice l’istruttrice” ci rendeva tutti migliori, tanto far svegliare Annika e Remo prima ancora di noi per essere in prima linea ad allungare i muscoli. Ma la grande sorpresa di questo luogo sono state per noi le sue spiagge, un po’ perché forse non ce le aspettavamo, ed un po’ perchè la loro bellezza supera di gran lunga alcune delle più belle località che fino ad ora abbiamo visitato. Quindi ancora una volta, se decidete di avventurarvi nel percorso che abbiamo fatto, tralasciate le coste, e preparatevi a rimanere piacevolmente sconvolti dai paesaggi dell’entroterra che rendono davvero un viaggio degno di essere chiamato tale. Ci sono anche un sacco di itinerari possibili ed inesplorati dal turismo intorno al lago, praticamente al di la di Puno, Copacabana e la ormai fintissima Isla Flotante di Uros, tutto il resto rimane praticamente ancora quasi fuori da tutte le rotte, e se avete il tempo e la voglia, trovate un pescatore o qualcuno che vi faccia salire a bordo per una battuta di pesca o per farvi fare un giro panoramico anche di più giorni, non rimarrete di certo delusi.
Sembra strano da dire ma ormai il nostro programma comincia a diventare serrato, siamo in Bolivia da solo pochi giorni e ci sembra davvero di aver cominciato con il piede giusto, ma dobbiamo fare i conti con i tempo che ci resta e quindi eccoci di nuovo in bus con direzione La Paz. Costeggiamo il lago fino a raggiungere immense campagne, con il bus parcheggiato su di una zattera attraversiamo un fiume fino ad arrivare ai piedi della Cordillera Reale che ci mostra le sue cime innevate…tutto idilliaco…se non che alla vista della città…decidiamo di fare immediatamente rotta sul paesino di Coroico…da dove vorremmo percorrere la famigerata “strada della morte”. Purtroppo non si può certo dire che la capitale boliviana sia un luogo ideale per trascorrere qualche giorno. Una città alquanto grigia e priva di grandi attrattive, ma un ottimo punto di snodo per visitare tutto lo stato ed organizzare i trasporti per qualsiasi destinazione. Le molte agenzie turistiche a ridosso della Cattedrale e le decine di ristorantini lungo la via principale, vi faranno da sfondo nel mentre deciderete cosa fare in questa bellissima parte di mondo. Noi come al solito tentiamo di fare la furbata alla backpacker, ed invece che andare sulla strada della morte con un agenzia che organizza una discesa in bici come fanno tutti, andiamo direttamente a Coroico da dove più o meno partono con le bici, confidando sul fatto che ci fossero noleggiatori. Non che ci sia davvero dispiaciuto…ma i noleggiatori di Coroico sono tutti falliti o hanno le bici sgonfie e non hanno voglia di ripararle e quindi ci siamo sparati 25km a piedi, che in leggera discesa si sono davvero rivelati meravigliosi anche se ovviamente meno adrenalinici.

Spostarsi in lungo ed in largo è molto semplice da queste parti, nel senso che non è difficile trovare un mezzo di trasporto di qualsiasi genere che ti faccia raggiungere una destinazione. Ma ormai sono mesi che viaggiamo sempre dentro questi vanettini schiacciati come sardine e la mia, ma potrei benissimo dire…la nostra…tolleranza si sta assottigliando sempre più, tanto da cominciare a farmi sognare atti violenti contro alcune di queste persone che si comportano come bestie al pascolo. Bolivinski.

venerdì 2 gennaio 2015

Experience Lima and Macchu Picchu

 









 


La mattina che decidiamo di lasciare Chicama e la sua "ola mas larga del mundo", è anche giunto il momento di salutare l'amico Matteo. Lui riprenderà il suo viaggio verso l'Amazzonia fino a raggiungere di nuovo la Colombia, dove ad aspettarlo ci saranno i ragazzi di 7000miglia lontano. Il nostro programma invece rimane quello di scendere la costa fino a Lima e piano piano cominciare a vendere le tavole. Un grande abbraccio e tanti ringraziamenti per i bei momenti passati insieme, chissà quando sarà la prossima volta!! E soprattutto dove!!
Tra il caldo del bus diretto a Trujillo e la costante striscia di rifiuti plastici abbandonata sulle strade, cominciamo a pensare che questo Perú nasconda qualche scheletro nell'armadio, sotto l'armadio e possibilmente anche dietro l'armadio.
Più si scende verso la città e più si rendono necessarie precauzioni un po' più severe. Ormai le storie di scippi, rapimenti e aggressioni si moltiplicano di giorno in giorno, ma a dire la verità, noi non ci siamo mai accorti di nulla. Certo ci siamo sempre affidati al buonsenso e ci è andata bene, ma purtroppo questo è un posto in cui va anche un po' a fortuna. Appena scesi dal bus in quel del centro di Trujillo, veniamo subito affiancati da un signore sulla cinquantina che ci avverte di essere in una città molto pericolosa e di fare attenzione. Continua a ripeterlo talmente a disco continuo che decidiamo di cambiare strada solo per seminarlo. A noi tutto sembra molto piu moderno e carino di tutti gli altri paesi che avevamo visto fino ad ora, ci sono persino i Mcdonald ed altri francising, senza contare le decine di banche. Chiediamo al primo ostello che incontriamo se avessero posto, ma tutto fully booked, velocemente ci fanno entrare e ci dicono che possiamo lasciare i bagagli finchè andiamo a trovare una stanza, perché è pericoloso girare con gli zaini ed una ragazza era stata scippata proprio quella mattina. Ci sale un po' d'ansia e quindi lascio Ali ad aspettarmi mentre provo a rimediare una stanzetta.
Scarico di ogni avere mi addentro verso la zona hotelera. A me sembra tutto a posto, gente che si fa i cavoli suoi, nessuno che ti importuna, pulizia alquanto curata. Addirittura chiedendo info, trovo un negoziante che mi paga il taxi e con lui mi porta a trovare un hotel di una sua amica. Quindi ritorno a prendere Alice ed entriamo in un ostello piuttosto carino con camerate da sei. In camera con noi un'infermiera francese ed un ragazzo finlandese. Quando li conosciamo, ci sono lui che rientra sulle stampelle, una gamba ingessata e fasciatura in testa. Lei che lo assiste come una badante. Insomma ci racconta che era stato aggredito e picchiato a sangue un paio di giorni prima.
Io e la Ali ci guardiamo in faccia e pensiamo che forse è meglio non uscire o magari prendere con noi un kalashnikov e due bombe a mano. Poi alla fine si viene a sapere che questo se ne andava in giro a fare foto con l'ipad per l'interland della città e che ad un bel momento si è messo a bere na birra al parco al calar del sole. Bravo il finlandese.
Comunque non ci possiamo lamentare, ci trasferiamo dal centro alla spiaggia di Uanchacho, paradiso del longboard. Li troviamo da vendere le tavole ed anche le mute, e facciamo conoscenza con qualche local e con Matteo della scuola surf Yenth Corra. Questi ragazzi, oltre a dare lezioni a chiunque sia interessato, hanno avviato un progetto interessante, che permette a bambini del villaggio che non hanno nulla per potersi divertire oltre che la strada, di andare da loro e gratuitamente prendere una muta ed una tavola e cimentarsi in questo magnifico sport. Inoltre il proprietario possiede anche un ostello nel quale periodicamente offre vitto ed alloggio a turisti stranieri, in cambio di piccoli lavori domestici e un paio di ore al giorno di insegnamento di lingua inglese agli stessi ragazzini presso la loro scuola. Anche se posso dire apertamente che i Peruviani in genere, salvo eccezioni ovviamente, non sono il mio popolo preferito. Ecco che con Ali abbiamo un po' preso a cuore questa iniziativa che ci stiamo apprestando a sostenere con UZIWA SURF ON BOARD (short).
Date le ultime padellate e salutati gli amici della scuola surf, ormai è ora di riversarci in quel di Lima. The gran Capital, milioni di persone senza (o quasi) regole, che vivono ovunque. Come tutte le grandi città, per noi sono sempre un incognita, ma di certo Lima è di tutte stata la più grande sorpresa. Tutte le guide vi diranno di andare a Miraflores (quartiere sul mare), ma se avete voglia davvero di vedere la città, non fatevi spaventare ed andate in centro. Noi siamo stati in un grande ostello "1900 backpacker", dietro il museo della repubblica, ed abbiamo scorrazzato dalla mattina alla sera senza problema alcuno in mezzo a centinaia di altre persone. Addirittura un giorno abbiamo anche deciso di andare a Gamarra, polo della maglieria sud americana, che si trova nel centro del quartiere la Victoria (il più sensibile della città) e ci siamo talmente divertiti che ci siamo pure tornati il giorno seguente. Ovvio sempre buonsenso, ma let's get lost è sempre la miglior prima regola da seguire in una città...anche in sud America.
Casi della vita, ancora una volta ci fanno incontrare Annika e Remo ed altri due ragazzi tedeschi che avevamo gia incontrato. In quattro e quattrotto organizziamo un programma di massima per vederci a Cuzco nei giorni seguenti. Così è, dopo qualche giorno ed un viaggio in bus terrificante, siamo tutti seduti allo stesso ristorante a sbaffarci un kebab di fegato di maiale e qualche patata fritta passeggiando per plaza de armas e a studiare la via migliore per espugnare il grande Macchu Picchu. Ovviamente scegliamo la rotta dei backpacker e in mezzo alle montagne: tra Ollantaitambo e Santa Teresa giace la via di colui che non vuole pagare il treno piu costoso del mondo. Not for faint hearts. Partiamo all'alba con la coppia svizzero-tedesca e con l'intenzione di raggiungere il terminale di bus da dove avremmo poi preso il colectivo diretto a Quillabamba, fermandoci dopo 7 ore di curve andine a Santa Maria. Non facciamo in tempo a smontare dal taxi che veniamo assaliti da un gruppo di autisti e procacciatori che volevano venderci il passaggio fino a Santa Maria in auto. Essendo in 4 abbiamo deciso di contrattare: dopo 10 minuti di paura si parte con una ruggente toyota yaris berlina sulle contorte strade curvolente. Dopo 4 ore di saliscendi tra i 2000 e i 4000 metri e di viste incantevoli su paesaggi incredibili, si arriva finalmente alla meta, sove ci aspettano solamente altre tre persone rette di cammino lungo le rotaie che ci guideranno in mezzo alla foresta e lungo il fiume tra Hydroelettrica ed Aguas Calientes. I giorni che seguono sono camminate infinite tra i luoghi incantevoli che si nascondono tra le montagne e tra i quali proprio Macchu Picchu. Purtroppo la sensazione che ci assale per prima all'arrivo ad Aguas Calientes è quella di essere delle mucche pronte ad essere munte. Tutto è organizzato ad uso e consumo del Peruviano. Ecco avete capito bene. Non del turista. La città ovviamente vive solo grazie ai turisti, che vengono bersagliati ad ogni angolo. Dapprima penavo che fosse solo un luogo come molti altri dove tutto costava un po' di più, ma invece, quello è un luogo creato per non dare molta possibilità di scelta a chi lo visita e quindi ecco che c'è che ne approfitta in modo davvero inopportuno. Capita di sedersi al ristorante dove il menù aumenta al momento del conto causa una "nuova tassa sul turismo". oppure di fermarsi ad un bar con happy hours per bere un pisco sour od un mojito ma che guarda caso per quel giorno non era più incluso nelle offerte. Un massaggio che abitualmente costa 10, qui costa 60 e lungo le vie del centro i "supermercati" applicano prezzi in base alla nazionalità di provenienza. Così fanno anche gli hotel, molto amichevolmente ti approcciano, si presentano e ti chiedono di dove sei, la tariffa varia notevolmente se sei svizzero o russo, infatti proibiamo subito ai ns amici di chiedere quotazioni ed in ogni caso cominciamo a dire che veniamo dal Libano o dall Croazia che qui sono considerati come paesi poveri.
i nostri portafogli "sopravvivono" alla terribile notte senza elettricità e con un temporale incessante, il mattino seguente riusciamo a lasciaci quella strana sensazione alle spalle ed a scalare a piedi la via degli Inca su fino all'intipunku e alla porta del sole, da dove si gode di una vista magnifica sulla città di Macchu Picchu.
Nonostante sia un luogo turistico, rimane uno di quei luoghi in cui non si può non rimanere senza parole. le foto non saranno mai esaustive e la magia di quel luogo sopravvive anche all'avvento delle orde di persone che arrivano ogni 30 secondi con i bus dal centro della città.

Facciamo il pieno di belle immagini e ricordi indelebili e lentamente, con i nostri zainetti, ripercorriamo tutta la via del ritorno fino a Cuzco in tempo record. Ormai anche l'ultimo giorno di Perù è arrivato, ora non resta altro che andare in stazione degli autobus e vedere dove ci porterà il prossimo biglietto.

Lobitos and Chicama Uziwa surf style


Lobitos Surf Camp

Lobitos's Fisherman Boats

Istant Uziwa Feeling

Uziwa TEam Building Friendship




Alice's Birthday



Lasciati alle spalle i super swell di Mancora e la sua atmosfera rilassata e festaiola. Dirigiamo verso il classico paesino non segnalato sulle mappe. Uno di quei luoghi mistici del surf, di cui abbiamo sentito parlare per la prima volta da un surfista in Equador. Poi lo senti nominare come luogo di onde leggendarie mentre scendi la costa, finche non ti ritrovi a contattare quel surfista su facebook per farti dare qualche indicazione su come arrivare. Ancora mi stupisco di come le cose accadono quando stai percorrendo la tua via. Niente ti ostacola e tutto cospira affinché tutto raggiunga il tuo obiettivo, rendendo il viaggio fino a quel punto, zeppo di esperienze interessanti ed incontri necessari. Un bus di qualche ora fino ad una cittadina di porto, poi un piccolo van stracarico di persone che tentavano di difendersi dalle dimensioni delle ns tavole ed infine un luogo incredibile sorto dalle ceneri di una cittadina americana d'inizio secolo che un giorno ha cessato di esistere abbandonando quel luogo al vento ed al caldo. Qualche anno fa, quel luogo viene scoperto da qualche pazzerello che pensa di farci surf, in breve diventa una mecca considerata l'onda più bella del Peru. Effettivamente ci ritroviamo in un luogo d'altri tempi, popolato da hippie che hanno creato dei veri e propri luoghi di surf su spot d'acqua turchese e rifugi nati dentro a case abbandonate. Alla fine, chi ci aveva parlato di quel posto per primo è stato anche colui che ci ha permesso di utilizzare casa sua per dei fantastici giorni dove ci siamo sentiti come nel film The Island. 
Quando decidiamo di salutare quel luogo è palese che Lobitos rimarrà un grandissimo hilight del ns viaggio. E che il surf camp del molo, sarà sempre un posto speciale.
Curioso è anche come ogni volta che dicidiamo di spostarti da un luogo all'altro, ritroviamo alcune persone che avevamo incontrato in precedenza. La situazioni a volte sono irreali, come quando abbiamo incontrato per la milionesima volta Anika e Remo una coppia svizzero - tedesca che ci ha visti fare yoga sopra una collina, vicino un edificio abbandonato dove insieme a due ragazzi australiani avevamo trovato riparo dal vento. 
Ancora una volta, ci si incontra e ci si saluta nell'arco di un paio di giorni, il nostro ritmo di viaggio è rilassato e non segue particolari tempi, ma ogni volta che guardiamo la mappa e ci sembra di aver percorso un sacco di strada, sembra quasi che qualcuno ingrandisca il Perú. 
Poi infine ci si ritrova sempre al calar del sole appoggiati con la testa al finestrino di un autobus notturno mentre si osservano le distese immense di rifiuti che rotolano lungo tutte le strade che fin'ora abbiamo percorso. Ci sembra strano come tutto ció faccia davvero da sfondo a paesini meravigliosi e gente cordiale. Quasi quasi cominciamo a pensare di essere in un posto un po' incivile. 
Spendiamo qualche giorno nella rotta verso Porto Malabrigo, passando per Chiclayo e Pimentel dove riusciamo a rilassarci ed a conoscere la parte festaiola dei Peruviani. Finalmente arriviamo a Malabrigo, l'obiettivo non è di certo il piccolo paesino dimenticato da Dio, ma l'onda di Chicama che gli rompe davanti. Certo a molti non dira tanto, ma gli addetti ai lavori sanno di cosa sto parlando. Lo spot è considerato come in grado di produrre l'onda più lunga al mondo, 4 km di pura vida. Quando mi sveglio al mattino tutto é un po' speciale, è il compleanno di Alice, ma lei non lo sa ancora. Dorme come un ghiro e quando sente la mia sveglia fa finta di niente e si spinge dall'altro lato del letto aspettando il mio abbraccio ed i suoi meritati auguri. Perché per Alice il compleanno é qualcosa di speciale. Tutti nel corso della vita considerano quel giorno cosi speciale fino a 14 anni, poi i 18 e poi sono velocissimi uno dopo l'altro che quasi si accavallano e si vorrebbe che quel giorno non arrivasse mai. Invece lei lo vuole. Lo aspetta tutto l'anno come un pescatore sulla riva del fiume. Non ricevere gli auguri e sentirmi uscire in silenzio credo le abbia fatto fumare le guanciotte. Quando esco dalla porta del ns appartamentino ovviamente la strada è deserta e la notte stenta ancora a liberare il giorno. Mentre mi affaccio al costone roccioso ed il sole comincia ad alzarsi penso che ogni surfista avrebbe voluto essere al mio posto. Sette piccole onde una dopo l'altra, lunghe da non riuscirne a vederle l'inizio e la fine, vengono avanti davanti a me. Non una nuvola nel cielo e non una persona in acqua. Certo tutto era perfetto, se non che avrei dovuto preparare qualcosa per Alice. Tutto è venuto cosi naturale e spassoso che non ho nemmeno dovuto sforzarmi. Inizialmente volevo comprarle una torta nell'unica panetteria del paese, ma dopo che la signora mi ha spiegato come le facessero solo su ordinazione o bisognava andarle a prendere ad un altro paesino ad un'ora di distanza mi ero un po' demotivato ed avevo già pensato di doverla portare in un bel ristorante dove si sarebbero mangiate le stesse identiche cose di uno di quelli un po meno belli ma pagando molto di più. Ma ecco spuntare il vicino di casa, che aveva sentito dalla moglie che mi era davanti a prendere il pane che stavo cercando di organizzare una sorpresa alla mia dama. Dopo tre minuti eravamo a bussare alla porta di una casa che per me era abbandonata, e dove una signora visibilmente appena alzata apre la porta dandomi carta bianca sulle torte che avrebbe potuto fare. In più salta fuori che lei è la sorella di un'altra signora super gentile da cui avevamo cenato la sera precedente e mangiato benissimo. Detto fatto, torta al cioccolato e fragole e cena di pesce, con l'unico pesce che i pescatori tengono per il loro mercato locale, fatto in tre cotture differenti. 
Il tutto organizzato in non più di 15 minuti, perfetto anche per non destare sospetti nella ormai furiosissima Alice. 
Rientro in camera, ore 6.34am.
"Certo che proprio bello avere un moroso come te! Pensa che Matteo mi ha fatto già gli auguri! Bravo, bravo."
Ed io:
"Dai forza andiamo che ci sono delle belle onde, tantissimi auguri amore mio, mettiti la muta veloce dai...."
Neanche la session in solitario che ci siamo fatti e l'onda di 300mt che si è surfata ha potuto placare il suo pungente disappunto per il mio ritardo. Per tutto il giorno non faceva altro che rinfacciarmi la cosa ogni 40 min e siccome oltre ad essere intelligente, si considera pure molto intelligente. Quella considerazione di se non lasciava spazio a nessuna ipotesi di festa a sorpresa. L'unico momento della giornata in cui non eravamo stati insieme era quel quarto d'ora alle 6 di mattina e nulla poteva farle pensare che uno sciallato come me sarebbe potuto riuscire nell'impresa. Certo che mi sono sentito un po' merda, soprattutto quando dopo la terza volta che cercava di portarmi a comprarle un pezzo di torta ed una candelina, ho dovuto cedere e farle comprare uno spicchio di una bruttissima torta al cioccolato in un bruttissimo negozietto qualunque. Da quel momento era un'altra persona. Soddisfatta con il suo pezzo di torta e la sua candelina mezza rotta, fiera di essere una donna indipendente ed in grado di farsi il compleanno da sola. Perché lei è cosi, una gattona orgogliosa. Quando constatiamo che non ci sono bei ristoranti e decidiamo di ritornare dalla signora della sera prima, tutte le speranze le cedono, tanto che nel mentre si siede al tavolo con al centro una grande torta decorata alla panna e con la scritta buon compleanno soul surfer, si sorprende dicendo che doveva esserci anche qualcun altro che compiva gli anni, ma dopo qualche istante facciamo breccia nelle sue convinzioni e quasi la facciamo commuovere nel realizzare che ha un moroso ed un amico che avevano già pensato a tutto. Buon compleanno testina di smarties!

North Perú surf and Party









Un autobus di otto ore da Guayaquil della compagnia Cifa, ci scende lungo la Panamericana in quel di un paesino sconosciuto ai più ed amato dai surfers. Alle 5 di mattina, dopo aver passato la dogana in piena notte e non aver quasi chiuso occhio, un taxista ci assale con un compendio di tutti gli hotel dove poteva portarci. Sembrava un film. Il taxi era una bici a motore con un calesse appeso dietro dove a fatica siamo riusciti ad entrare con gli zaini. La città era deserta e solo il rumore del nostro motorino ed il peso di quel mezzo bastavano per rimbombare ovunque ed a renderla polverosa. Avevamo comunque l'impressione di essere entrati in un altro mondo. Forse anche in un altro tempo, dove le persone vivevano seguendo solamente i ritmi delle loro esigenze e cercavano di adattarsi a questa cosa chiamata turismo. Ovviamente prendiamo posto nell'hotel più economico in città, e incredibile ma vero, siamo gli unici a popolarlo. La wi fi e la piscina mezza vuota facevano a pugni con le strutture di bamboo che sorreggevano i materassi delle camere e le piccole palme da cocco che abbondavano di frutti. La cucina era a norma antisicurezza. Nel senso che tutto era perfettamente pronto ad esplodere, malfunzionare, asfissiare o prendere fuoco. Ma era uno dei migliori peggiori posti in cui sia mai stato. Era quello che cercavamo, un'atmosfera d'altri tempi, un proprietario che amava la cucina italiana e la sensazione di essere a casa. Aspettiamo con ansia i due giorni che ci separano dall'arrivo del grande swell. Ormai sono due settimane che seguiamo questa mareggiata. Sarebbe dovuta arrivare nelle coste del perú verso il prossimo fine settimana e non stavamo più nella pelle dalla voglia di provare qualche onda seria. Il racconto che segue é solo la routine di un surfista innamorato del suo sport. Quando la sveglia suona al mattino, la luce ancora non appare nemmeno all'orizzonte. Tutto dorme ancora, anche le zanzare non girano più dopo la loro nottata brava a mangiarci le caviglie. Il profumo della muta e di qlche biscotto inzuppato nel latte, sono le uniche cose che ti avvolgono oltre al buio ed al silenzio. I primi dieici passi a piedi scalzi sono sempre la prima emozione che necessita di autocontrollo, un bel respiro. Rimane solo un po' di freddo mentre si arriva sulla sabbia bagnata dalla notte. Il sole non da il minimo segno di vita. Ma tu sai già dove si trova il punto d'entrata. Dalla spiaggia si allunga un banco di rocce e proprio li dietro passa la corrente che ti trasporto fino al brake. Ancora non si vede ma ieri camminavi nello stesso punto e l'acqua non arrivava a toccarti, oggi è tutta un altra storia. Il rumore t'impone di trovare una concentrazione che nei giorni normali non è sempre necessaria. Le spalle cominciano a muoversi da sole, su e giù cercando quello stretch e quel riscaltamente che ti facciano pensare di essere pronto a qualsiasi evenienza. In realtà non sai mai realmente cosa succederà. Sono anni che vesti quei panni ormai ed il bello di tutto ciò è proprio quello. Non sai mai realmente se tutto filerà liscio, se un onda ti romperà giusta in testa mentre tenti di entrare facendoti rovinare sulle rocce, o se magari non avrai nemmeno bisogo di padellare più di tanto per arrivare al punto giusto. Ti affidi solamente alla tua esperienza ed alle sensazioni che lui, l'oceano, crea in te e per te. Era la prima volta che entravo in acqua con il buio. Lo spot è super affollato appena dopo l'alba ed anche un'ora fa la differenza tra aver surfato una decina di onde e dover sgomitare per surfarne due. Quando nuoti senza luce, sembri quasi una tartaruga che non ha bisogno degli occhi per sapere dove andare a depositare le sue uova, non serve vedere, il movimento del mare si sente. Il primo momento in cui si realiza di essere oltre il punto dove rompono le onde e si trova l'equilibrio seduti in tavola é quasi magico. Nel cielo si vedono ancora le stelle che piano piano cominciano a sparire mentro l'orizzonte si accente. Surfiamo ad ovest quindi guardando le onde abbiamo il sole alle spalle. La luce funge come da leggero lume fotografico e nel mentre hai la percezione che il mare stia respiranto, vedi queste barre color petrolio venirti incontro. Non le puoi vedere molto prima di aver deciso se vuoi essere su quella parete. Il buio è ancora presente e la surrealità di quella situazione spinge il cervello a mandare la tavola in profondita per lasciar passare il primo set e capire come sei posizionato. Ci sono quei secondi nei quali l'onda ti attraversa e tu fai lo stesso con lei, è come evitare un incidente frontale tra entitá differenti ma complementari. Quando la senti che ti passa sopra, ti spinge giù nel posto piú buio in cui sei mai stato, il primo respiro quando riemergi è Pura Vida!
L'orizzonte prende un leggerissimo colore rosato, il resto del ciele rimane scuro come la notte ed arriva la tua chiamata. La vedi venire verso di te come un treno, non è aggressiva, ma lo sarà. Ti vuole su di lei, ma al minimo sbaglio non ti perdonerà. Tutto il tuo mondo diventa quel pezzo di mare e quella frazione di secondo nel quale decidi di volerla. Sei mentalmente convinto, pronto a sentirla. Mentre allunghi le braccia per acquistare velocitá lei ti solleva talmente in alto da far sembrare tutto piccolo e lontano. A quel punto non hai più la possibilità di tirarti indietro. Devi fare qualcosa. Puoi alzarti, puoi lasciarti cadere, puoi saltare giù dalla cresta facendo divertire eventuali spettatori. Tutto ti osserva, persino i leoni marini che ti nuotano vicino. Quando posizioni i piedi sulla tavola e decidi di provare a scendere quel muro, non pensi più a niete altro. Hai preso la tua decisione ed in quell'istante stai già fantasticando su come riuscirai a muoverti. La sensazione è sempre più intensa e magnifica della realtà. La fortuna mi assiste e dopo il salto iniziale, una parete oleosa si alza tutta davanti a me, mi invita a correre con lei per tutta la sua lunghezza. È veloce ma sembra infinita. È grande, ma non si nota fino a che non si finisce vicino alla cresta che ruggisce come una tigre. Mentre cammino lungo la spiaggia per tornare sullo spot, sono coinvolto in un turbine di adrenalina e felicità. Era la mia prima volta sull'onda senza nemmeno il sole che albeggiava

Equador Highlights

Quilotoa

Arrival in Quito

Uziwa Team with the Family

Storm in Quito

Rosted Kui....poor little Guinea Pig

South American most wanted eyes


Sezione della guida Lonely Planet alla voce "getting from Colombia to Ecuador"

Nessun autobus (econimico) vi accompagnerá direttamente oltreconfine. Dovrete arrivare Ipiales, ultima cittá del confine colombiano, scendere al terminal, prendere un taxi con il quale si raggiungerà la dogana. Far timbrare il passaporto, attraversare il ponte che divide i due stati a piedi. Timbrare il passaporto di entrata e prendere un altro taxi che vi accompagnerà sino al terminal di Tulcan, dove se sarete sopravvissuti potrete proseguire con un altro bus verso la vostra destinazione.
N.B. Cercate di evitare le ore notturne per passare il confine.

Ovviamente noi avevamo anche provato a calcorare un orario utile, ma qualche lavoro stradale e la pioggia non hanno aiutato. Eccoci qui. Sul ponte del confine, io, Matteo e la Ali con le ns tre nuove amiche ecuadoregne con le quali abbiamo sfrecciato in taxi tra le strade apparentemente deserte dell'ultima città della Colombia. Quasi mezzanotte, foto di rito sotto al cartello Ecuador e via veloci verso il bus diretto a Quito. 
Onestamente non abbiamo notato nulla di pericoloso, ma l'atteggiamento guardingo del taxista che nn si fermava nemmono con i semafori rossi e nn rallentava mai sotto i 100 km/h ci faceva percepire che a quell'ora ed in quel luogo era meglio non dare troppo nell'occhio. 
Anche se non sono moltissimi giorni che stiamo viaggiando, comunque cominciamo a sentirci parte di tutte queste storie che serpeggiano tra i viaggiatori indipendenti, furti, scippi, attacchi, rapimenti lampo, avvelenamenti, ecc...
Noi guardiamo questo mondo come increduli dato che fino ad ora le persone che abbiamo incontrato non hanno fatto altro che aiutarci e consigliarci. A volte accompagnandoci ed altre ospitandoci. Ma nonostante tutto si percepisce un senso di nn dover mai abbassare la guardia e sperare di avere fortuna. 
L'arrivo a Quito difficilmente poteva essere migliore, alle 5.30am mamma Rosa e le sue figlie ci invitano a casa loro per colazione, e dal cassone del loro pick up, con un arietta che ci pela il coppino, ci godiamo l'alba sulle montagne circostanti. Il primo incpntro con le Ande é sempre particolare, ma anche succesivamente fa davvero impressione trovarsi una citta a quasi 3000mt di altezza e delle montagne di fronte che anche ad occhio superano alla grande i 6000. 
Tutta la famiglia si riunisce attorno ai nuovi 3 ospiti italiani, il loro calore e la loro ospitalità sono da manuale. Offerte di cibo, doccia, una camera dove riposare, accesso ad internet, giro della città e vista diretta sul Cotopaxy Nevado. 
Se una nuova avventura doveva cominciare in Ecuador, beh non poteva farlo nel migliore dei modi, l'unico maniera che abbiamo per sdebitarci é quello di offrire ció che di meglio sappiamo fare. La famiglia è vegetariana e di grossa taglia, quindi abbiamo cominciato con paccheri alla carbonara di zucchine, lasagna di verdure, pancake, tortino al cioccolato fondente, ecc...
Loro rispondevano alle ns attenzioni con cene ai migliori risto della città, succhi di frutta fresca appena raccolta e gite fuoriporta. 
Dopo quasi  una settimana di permanenza nella loro bellissima casa, decidiamo che è giunto il momento di proseguire, ma a volte sembra più semplice a dirsi che a farsi. Rosa sembra essersi affezzionata tantissimo e tutta la famiglia ci esprime il suo rammarico nel vederci impacchettare i ns zaini. Dopo mezz'ora di saluti con loro che quasi piangevano, decidono al volo che ci avrebbero accompagnati in quel di Quilotoa, un paesino sperduto nelle montagne dove avevamo deciso di andare per disintossicarci dalla città. E quindi partiamo noi, loro e la famiglia del moroso di una delle figlie....insomma tutti dovevano avere il piacere di conoscerci, e tutti davvero erano felici di farlo...
Inutile descrivere quanto piacere queste piccole attenzioni facciano dopo mesi di lontananza dalla famiglia. E nemmeno quanto tutto questo faccia molto atmosfera di viaggio.
Dopo essere arrivati in quel di questo paesino andino, non servirono neppure sguardi tra di noi. Le persone avevano gli sguardi di quelle nei documentari, i colori dei loro vestiti tipici dei popoli delle ande che ci si immagina di incontrare in un viaggio come il nostro, il villaggio costruito di mattoni di terra cotta al sole sulla cima del cratere di un vulcano con al centro un lago di un azzurro incredibile e due arcobaleni che partivano dal suo centro e toccavano il cielo con un dito. 
Non potevamo non voler rimanere per lanciarsi nel primo trekiing ecuadoregno, con un po' di dispiacere per l'ottima compagnia che avremmo dovuto salutare, ma eccitati dal luogo mistico, e dalla nostra stanza riscaldata da una stufa a legna che dopo aver mangiato una zuppa di quinoa e spinaci ci sembra quasi un miraggio.
Camminare ed arrampicare per ore sulle ande ad altezze inusuali può rivelarsi più arduo di quanto si creda, dio bello io non ero abituato a camminare e mi sembrava di schiattare ad ogni passo, ma dove andavano gli altri andavo anche io. I viaggiatori che incontravamo erano tutti lanciatissimi, chi veniva solo per il trekking, che la macchina non la voleva prendere ed i piedi erano l'unico mezzo in considerazione....e chi come me ascoltava e faceva finta di essere uno di loro. 
A volte, mi ritrovo nella situazione in cui un gruppo di viaggiatori si ritrovano nel lounge di un ostello, ed ognuno di loro si lancia nel voler essere il più cool di tutti. Pompano storie che sembra quasi siano i primi ad essere arrivati in quel luogo, gli unici a camminare per quelle vie. Poi a distanza di qualche giorno ci si ritrova sempre negli stessi luoghi, nesuno cerca qualcosa di veramente nuovo. Se la guida dice di andare a dx si va tuttti a dx, se opta per la sx allora ci si ritrova tutti a sx. Non rimane più molto da scoprire a livello di informazioni. E dove non arriva la guida, basta digitare: "cosa fare in ecuador?", "come arrivare in quel posto?".
Ed ecco un mondo che ti si apre, che segue una linea predeterminata e che passa sempre nei medesimi luoghi di maggior interesse. 
Mentre guardo il fuoco m'incanto a pensare a come da li a qualche giorno, passerò dal camminare per ore sulle ande, allo nuotare per ore sulle onde. Infatti ormai la nostra destinazione é chiara come il sole che si nasconde tra le nuvole che al momento ci massacrano di pioggia.