Il piccolo autobus dal quale
salutiamo il paesino di Uyuni prende lentamente il largo in mezzo alle
montagne. Ancora pieni di immagini spettacolari che ci scorrono nella mente ci
rilassiamo al calare della sera. Notiamo qualche indecisione di guida da parte
del conducente, soprattutto durante le lunghe discese tra le verdissime valli
di Potosì e Sucre. Ma la comica stava solo per cominciare. Un viaggio che
sarebbe dovuto durare poco più di due ore, è finito per diventare il classico
calvario Bolivinsky style. Ogni mezz’ora bisognava fermarsi perché nessuno
aveva insegnato all’autista come usare il freno motore, causando quindi non
poco surriscaldamento ai freni. Ma la scena madre ci vede fermi dopo una mega
discesona, nel bel mezzo di un paesino che sembrava la valle incantata. Con i
lama che ci passavano a fianco guardando il bus della speranza con i freni che
fumavano, e la moglie del pilota che riempiti due secchi d’acqua nel fiume
adiacente, cominciò a irrorare le ruote del mezzo. Guardandoci ridacchiando ci
chiediamo dove altro dovrebbero succedere queste cose se non in un viaggio? Nel
giro di qualche giorno percorriamo le vie dell’argento e visitiamo la capitale
culturale di questo stato. La bellissima Sucre ci fa tirare un sospiro di
sollievo e ci fa godere delle più autentiche emozioni nel farci suoi. Tutto
scorre come niente fosse, tra l’immenso mercato e le centinaia di negozietti
sparsi ovunque non ci facciamo mancare nulla. Da provare la empanadas, detta
Saltegna regional….una delizia. Una bella pasta brisee di fuori e 1800°C
internamente…occhio alla lingua.
Quando saliamo sul bus per Santa
Cruz ci dispiace molto lasciare questa città, soprattutto perché siamo
consapevoli che ancora una volta avremo 12 ore su strade dissestate e ginocchia
in gola. Bisogna dirlo, la qualità dei bus da quando siamo arrivati in Bolivia,
è drammaticamente crollata ma ce la facciamo passare dato che non ne avremo
ancora molti da prendere. Il nostro obiettivo è il parco Amborò che sembra
esser un luogo interessante, dove la montagna incontra la foresta amazzonica.
Troviamo rifugio a Buenavista, dopo ancora un paio d’ore di taxi collettivo e
una buona mezzora per trovarlo. Il feeling con il luogo ci colpisce subito e
più che un luogo mistico, sembra un posto dove vengono a svernare tutti i pensionati
dell’America latina. Con il vento che ci impedisce anche solo di parlare, nel
retro del moto taxi, scendiamo verso il fiume che ci dicono essere balneabile.
Incredibile come ovunque ci giriamo si intravedano immensi alberi da frutta.
Manghi, avocadi e altri che on conosco ma che davvero sono ottimi. Il villaggio
è molto povero e i ritmi sono rilassati. Nessuno sembra dover lavorare per
vivere ed è sorprendente come dove si veda regnare la calma più assoluta, sia
invece il controllo a regnare sovrano. Piano piano cominciamo a capire che la
Bolivia è ormai diventato il maggior produttore di Cocaina in sud America e che
la limitrofa città di Yapacani è la capitale dello smercio. Questo a detta di
qualche local che si vede aveva un cugino al bar e che aveva appreso da fonti sicure
al pub che le cose funzionavano tutte in funzione di un rapido passaparola. Ovviamente non essendo soggetti a particolari
vizi, non potremo confermare nulla. Data ormai la nostra imminente partenza per
il Paraguay con il famoso bus scassato di 25 ore che attraverserà tutto il
chaco boliviano e paraguagio, decidiamo di non volerci spostare ancora come
invece hanno deciso di fare i ns amici Annika e Remo. LE nostre giornate sono
semplici, come i succhi di frutta fresca del mattino, le passeggiate al fiume,
le foto ai tucani, i tramonti sulla foresta e il sapore della vita più pura.
Quella che ti regala il piacere di confermarti che sei sulla giusta strada.
Certo che ogni volta che lasciamo la spiaggia sul fiume, ci ricordiamo che
bisognerebbe davvero che qualcuno si prendesse la briga di portare un po’ di
cultura ambientale da queste parti. Forse le aziende produttrici potrebbero
fare imballaggi biodegradabili o magari anche solo cominciare a linciare con
vischiate sulla schiena ognuno di questi animali che ogni volta che si muovono
lasciano dietro di loro una scia incredibile di plastica e rifiuti in genere. L’ultimo
tramonto speso in Bolivia, lungo il fiume…con un cielo che sembrava quasi
incendiarsi ed i maiali che facevano a gara con i polli per accaparrarsi un po’
di cibo tra i resti lasciati dalla gente, ci ha lasciati uno gusto dolce amaro
in bocca. Ma viaggiare in fondo è anche questo, scoprire che l’umanità non sta
andando tutta nella stessa direzione, non prende le medesime decisioni e
soprattutto talvolta sembra vivere in epoche completamente differenti. Io non
me la prendo, non me la prendo mai con le diversità…mi limito a viverle e farne
tesoro.
Ready for the next Bus..
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